Euro: perché i costi li pagano i più deboli
di Vittorio Mathieu
[17 mag 07]


Diciamo spesso: “Un euro, dunque duemila lire”. E aggiungiamo: però con un euro si compra molto meno di quanto si comprava con duemila lire. I prezzi sono stati aggiustati in modo che con un euro si compra ciò che si comprava con mille lire”. Questo discorso non tiene conto di molte cose, in primo luogo dell’inflazione, che c’è sempre – a un tasso più o meno elevato – in ogni moneta. Tra quando fu stabilito un cambio fisso tra euro e lira e il momento in cui l’euro ha sostituito di fatto la lira è passato del tempo, perciò sul loro valore effettivo ha agito l’inflazione. Se paragonassimo l’euro alla lira d’anteguerra, ad esempio, dovremmo concludere che con un euro al mese vive agiatamente una famiglia.

Senza dubbio il cambio originario ha sottovalutato la lira. Ciò era interesse dei debitori in lire, che vedevano così diminuito il loro debito in euro. Il massimo debitore, come è noto, è lo Stato, che contrattava con la Banca europea il tasso di cambio: non è strano quindi che la lira sia stata sottovalutata. Ciò ha danneggiato i creditori in lire, cioè molto spesso povera gente; ma questo avviene sempre con l’inflazione. Dopo di ciò l’euro ha rallentato, non accelerato, l’inflazione, perché la Banca europea è meno sensibile agli interessi degli Stati che, essendo i massimi debitori, sono quelli che profittano di più dall’inflazione.

I grandi operatori economici, non solo temono come la peste la deflazione, ma si augurano un’inflazione controllata, prevista, pianificata, perché questa rende più agevoli i loro affari, a guisa di lubrificante. Infatti i grandi operatori economici lavorano perlopiù con denaro preso a prestito, su cui pagano un interesse, che diviene molto minore se depurato dall’inflazione. In certi momenti diviene addirittura negativo quando il tasso di interesse nominale scende di molto, come è avvenuto nell’ultimo decennio. I costi, però, è inevitabile che siano pagati da qualcuno, e fa comodo farli pagare ai più deboli. Per rimediare a questa ingiustizia non servono i decreti statali e non basta neppure la moneta unica; ma è utile una moneta forte, contro cui strillano spesso i poteri forti, ma non hanno ragione di strillare i deboli.

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