Tony Blair, about the boy
di Alessandro Gisotti

Ideazione di gennaio-febbraio 2006

The Boy. Tony Blair e i destini della sinistra
Andrea Romano

Mondadori, Milano, 2005
pp. 247, € 17

«Non affidate a un ragazzo il lavoro di un uomo»: era il 1997 e uno slogan del partito conservatore britannico cercava di dissuadere così l’elettorato dal votare il candidato premier del partito laburista. Sappiamo come è andata a finire. Otto anni dopo quel “ragazzo” ha qualche ruga in più, ma abita ancora al numero 10 di Downing Street. Tuttavia, i giudizi su Tony Blair, l’ex enfant prodige del New Labour, sono tuttora contrastanti, spesso espressi più sull’onda delle emozioni e degli umori del momento che in ragione di un’analisi ragionata, capace di abbracciare la parabola umana e politica del leader progressista. Per questo, si rivela quanto mai utile il ritratto di Blair tracciato da Andrea Romano con il suo libro dal titolo icastico: The Boy. Più di una biografia, perché il responsabile per la saggistica di Einaudi (a lungo direttore della Fondazione riformista ItalianiEuropei) non si limita a descrivere le alterne vicende dell’uomo e del fenomeno blairista, ma si sofferma su cosa Blair e il suo progetto politico hanno significato per i progressisti del Vecchio Continente e, in particolare, per la sinistra italiana. Non a caso il sottotitolo di The Boy è Tony Blair e i destini della sinistra. Una sinistra che, a seconda delle stagioni, ha manifestato nei confronti di Blair sentimenti diametralmente opposti. Amore e odio, senza riserve. Un po’ come con Bill Clinton, il campione dei New Democrats. Esperimento, quest’ultimo, che ha influito non poco sull’innovazione del partito laburista britannico.
Il libro di Romano, che ha il pregio di descrivere fatti e protagonisti in modo avvincente, mette a fuoco la figura di Tony Blair. Ora bollato come un conservatore camuffato da socialista, servo degli Usa e nemico della pace. Ora osannato come unico vero leader di una sinistra moderna all’altezza delle sfide del XXI secolo. In realtà, secondo l’autore di The Boy, «se collocata sul duplice sfondo della storia britannica e di quella della socialdemocrazia di quest’ultimo ventennio, la vicenda umana e politica di Tony Blair ci appare in realtà assai meno prometeica». Come per la Thatcher, sottolinea Romano, lo stile di Blair è stato sempre improntato alla piena assunzione di responsabilità di fronte alle scelte ritenute giuste. Blair rientra perciò a pieno titolo nella categoria dei convinction leader. Pagina dopo pagina, Romano ci accompagna in un percorso lungo la storia recente della Gran Bretagna nella quale si inserisce l’ascesa politica del giovane avvocato di origine scozzese. Accanto al protagonista, emergono le figure della moglie Cherie, brillante nell’attività forense più del marito; Neil Kinnock, il leader del Labour che, negli anni Ottanta, ha preparato il terreno per la svolta modernizzatrice di Tony Blair e Gordon Brown, austero cancelliere dello Scacchiere, eterno secondo, eppure decisivo nell’impostare il “miracolo economico” blairiano. Proprio la trasformazione del modello economico britannico è per Andrea Romano il successo dagli effetti più duraturi del governo Blair. Sul fronte europeista, invece, lo smacco più cocente. Blair non è riuscito ad essere il grande “traghettatore” della Gran Bretagna verso il Continente, come si era prefisso di fare all’inizio del suo mandato. Secondo Romano, Blair poteva forzare la situazione nel 1997 sulla moneta unica, quando il suo job approval era ai massimi livelli. In tale occasione, però, è mancato al leader britannico quel coraggio mostrato invece nella scelta, pur decisamente impopolare, di stare al fianco dell’amministrazione Bush nella guerra in Iraq.
Il libro di Andrea Romano, introdotto da una lunga intervista con Blair, si conclude con un capitolo che guarda al futuro: Londra, maggio 2009. È la data delle prossime elezioni britanniche. Forse sarà quella l’occasione per un passaggio di testimone tra Tony e il suo amico-rivale Gordon. Intanto, già oggi si può affermare che il “blairismo” è stato per la sinistra ciò che la rivoluzione thatcheriana è stata per i conservatori negli anni Ottanta. Per questo, ne è convinto Romano, «qualsiasi cosa verrà nella sinistra britannica dopo Blair dovrà muovere da questo scenario».


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