













































































 Prove 
        tecniche di politica finanziaria
 
         Prove 
        tecniche di politica finanziaria
        di Giuseppe Pennisi
        
         Ideazione 
        di settembre-ottobre 2006 
      
  
         Per 
        restare in Europa: ridurre l’evasione e riformare la spesa pubblica
Per 
        restare in Europa: ridurre l’evasione e riformare la spesa pubblica
        Franco Reviglio
        utet 
        Università, Torino, 2006
        pp. 242, € 19,50
Uscito 
        in sordina, senza presentazioni ufficiali, è il libro di politica 
        economica (ove non di politica italiana tout court) più significativo 
        degli ultimi mesi. È diventato, unicamente facendo leva sul passaparola, 
        uno dei saggi più letti della scorsa estate. Specialmente tra coloro 
        che, in uno schieramento o nell’altro, hanno a che fare con la strategia 
        di politica economica a medio e lungo termine, la cui impostazione verrà 
        segnata dalla legge finanziaria. Franco Reviglio è stato l’autore 
        della maxi-manovra del 1992 non solo in quanto ministro del Bilancio del 
        governo Amato ma anche in quanto coordinatore di un documento messo a 
        punto nel 1991 (e diffuso a circolazione limitata) dal cesec (Centro studi 
        economici) Come uscire dalle trappole per risanare l’Italia; tale 
        documento ha costituito la base concettuale della strategia di lungo periodo 
        impostata dal governo Amato e bruscamente interrotta da Tangentopoli. 
        Un’altra notazione: il libro è, per il momento, la seconda 
        puntata di un dittico; nel 1998, infatti, Reviglio aveva pubblicato un 
        saggio su Come siamo entrati in Europa (e perché potremmo uscirne) 
        che rappresenta, per molti aspetti, la premessa del nuovo lavoro.
        Visto che siamo in fase di messa a punto della legge finanziaria, vediamo, 
        in primo luogo, quali sono i suggerimenti che si evincono dal libro. In 
        sintesi, viene proposta una doppia manovra per ridurre, da un lato, il 
        debito pubblico (sia in termini assoluti sia in rapporto al pil) ed aumentare, 
        dall’altro, l’avanzo primario al fine di restare nell’unione 
        monetaria e sbloccare la stagnazione dell’economia italiana. L’obiettivo 
        dovrebbe essere quello di ridurre lo stock del debito pubblico di un punto 
        percentuale e mezzo e di aumentare l’avanzo primario a 3-4 punti 
        del pil. Il nodo centrale è la riduzione del debito pubblico che 
        nel saggio ha un ruolo almeno tanto importante quanto quello del deficit 
        annuale (in termini tecnici, l’indebitamento netto delle pubbliche 
        amministrazioni). Non tutti i componenti dell’Esecutivo (ed in particolare 
        il presidente del Consiglio in persona, Romano Prodi) sembrano condividere 
        questa impostazione; anzi, sono allo studio proposte (più o meno 
        complicate e più o meno arzigogolate) per cartolarizzare il debito 
        pubblico tramite qualche nuovo contenitore. L’approccio ortodosso 
        di Reviglio è condivisibile in quanto (specialmente in una fase, 
        come l’attuale, di tassi d’interesse crescenti, dopo un lungo 
        periodo di tassi bassissimi in termini nominali ed anche negativi in termini 
        reali) qualsiasi operazione straordinaria sullo stock di debito comporterebbe 
        un abbassamento del rating dei nostri titoli di Stato, con conseguenze 
        devastanti e per la finanza pubblica e per l’economia reale (e per 
        le nostre stesse probabilità di restare nell’Unione monetaria). 
        Romano Prodi da tempo non segue la letteratura scientifico-professionale 
        in materia: dovrebbe meditare a lungo sul libro di Reviglio.
        Ad una lettura affrettata pare che le proposte di Reviglio siano in linea 
        con quanto impostato dal viceministro delle Finanze, Vincenzo Visco (adeguamento 
        degli studi di settore, recupero della base imponibile tramite l’aggiornamento 
        del catasto, nuovi controlli incrociati). Ad un’analisi più 
        attenta ci si accorge che la differenza è abissale: Reviglio pone 
        l’accento sull’ammodernamento dell’amministrazione finanziaria, 
        sulla continuazione del programma in corso da anni e che proprio negli 
        ultimi tempi ha dato soddisfazioni di rilievo in materia di aumento delle 
        entrate. Senza tale ammodernamento c’è da dubitare che le 
        misure anti-evasione possano essere efficaci: in luglio uno studio all’attenzione 
        del Senato usa conclude che negli Stati Uniti il tasso di evasione è 
        mediamente del 10 per cento circa, mentre un’analisi dell’Università 
        di Uppsalla stima al 30 per cento l’evasione nel lavoro autonomo. 
        Gli usa e la Svezia sono spesso additati come paesi ad alta moralità 
        fiscale ed a buona amministrazione tributaria. Visco, invece, sogna una 
        maxischedatura analitica del reddito e del patrimonio di ciascun italiano. 
        È un sogno destinato a fare da spauracchio ma a restare velleitario 
        con un’amministrazione finanziaria a pezzi: 1700 contribuenti per 
        dipendente in Lombardia rispetto a 750 in Molise; quasi la metà 
        dei posti di dirigente vacante; un effetto di dissuasione carente; un 
        arretrato di contenziosi (700.000) da far paura e di cui per di più 
        (dopo mediamente 4 anni) nel 30 per cento dei casi vince il ricorrente. 
        
        Dal lato della spesa, le proposte di Reviglio sono in sintesi: portare 
        l’età pensionabile a 65-67 anni (restringendo le pensioni 
        di anzianità a motivate eccezioni), applicare a tutti i nuovi pensionati 
        il metodo contributivo, accelerare la messa a regime della uniformità 
        di trattamento per tutti i lavoratori, riprendere il controllo della spesa 
        sanitaria facendo rispondere le Regioni dei disavanzi delle loro gestioni, 
        contenere i trasferimenti agli enti locali riducendo le spese per acquisti 
        con la leva dell’e-procurement e portando a livelli europei i sussidi 
        ai trasporti. Sono proposte ineccepibili ed orientate a mettere “più 
        Europa” e “più mercato” nella società 
        e nell’economia; riusciranno a passare nell’Italia delle corporazioni 
        e dei legulei costruita sul principi dei “diritti acquisiti”? 
        È, soprattutto, fattibile che tale programma venga attuato da un 
        governo frammentato e profondamente diviso al suo interno? Farsi poche 
        illusioni non vuole dire essere scettici per natura. Significa tener conto 
        della ritirata fatta dall’Esecutivo dopo i primi timidi tentativi 
        di liberalizzazione.
  
        
         
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