Il futuro del settore energetico
di Paola Liberace

Ideazione di marzo-aprile 2007

  

Caro-energia. Scenari e prospettive
Luigi Paganetto (a cura di)
Donzelli editore, Roma, 2006
pp. VII+104, € 12,50


 

Come condurre una politica energetica efficace, tesa all’ottimizzazione delle risorse e al contenimento dei prezzi al consumo, nell’incerto scenario attuale? Per il nostro paese, la risposta diventa plausibile solo se condotta a livello europeo. È l’indicazione espressa nel volume curato da Luigi Paganetto, che incontra la recente presa di posizione della ue sulla questione energetica. Nel saggio iniziale del libro (che si inserisce nella collana di pubblicazioni “Megatrends” realizzate dal ceis di Tor Vergata in collaborazione con la Kuwait Petroleum Italia), Paganetto non manca di ribadirlo: merito del suo intervento è quello di introdurre da subito l’estrema complessità del quadro. In quest’ottica, la riduzione della fattura energetica non può dipendere dall’adozione isolata di provvedimenti risolutori, come ribadiscono svariati contributi successivi. Nel volume, la polifonia delle voci è ben rappresentata non solo nel dibattito finale moderato da Bruno Vespa, ma nell’intero susseguirsi degli interventi; consentendo a opzioni contrapposte di comparire affiancate, come quelle delle due parti politiche incarnate da Mario Baldassarri, Renato Brunetta, Bruno Tabacci e Erminio Quartiani, o come la posizione dei consumatori – rappresentata da Giustino Trincia, che propone tra l’altro il ricorso alle applicazioni fotovoltaiche – e quella delle imprese, delle authority e delle istituzioni (rispetto al fotovoltaico, ad esempio, Tullio Maria Fanelli ricorda come per l’Italia il ricorso a simili tecnologie presenti lo svantaggio non trascurabile di una inadeguatezza strutturale, che finirebbe per dissolvere negli investimenti da realizzare – spesso a beneficio di paesi terzi – il valore aggiunto ecologico e sociale rappresentato da tali fonti).

La diversificazione degli approvvigionamenti, di cui pure è riconosciuta la necessità, non può rappresentare una soluzione esclusiva: lo mostra, non soltanto retrospettivamente, l’affermazione del gas nel nostro paese, trasformatasi a sua volta in una dipendenza. D’altro canto, sgretolato il mito della fatale scarsità delle riserve di combustibile fossile, appare ormai chiaro che la maggiore o minore disponibilità (e le relative oscillazioni di prezzo, ben lungi dall’aver raggiunto soglie insostenibili rispetto al passato) dipende in massima parte dalla reale intenzione – finora assente – di investire in nuove esplorazioni, estrazioni e raffinazioni, soprattutto per quanto concerne le riserve cosiddette non convenzionali. Il ruolo cruciale, ancora una volta, sembra demandato al livello globale più che a quello nazionale: ciò significa, sottolinea Gilberto Callera, chiamare in causa le grandi istituzioni della comunità finanziaria internazionale, la cui reazione alla richiesta di capitali – da impiegare ad alto rischio in contesti instabili – non è scontata.

Cosa può invece fare l’Italia? Sembra opinione condivisa tra i vari autori che i fronti plausibili di intervento immediato siano almeno tre: a partire dal risparmio energetico (pur senza attendersi risultati miracolosi, e soprattutto senza supporre che siano sufficienti da soli); passando per le liberalizzazioni (tra cui quella della distribuzione del carburante, recente oggetto di attenzione da parte del governo), per finire con la terzietà delle reti di distribuzione (come nel caso di SnamReteGas di cui si auspica l’affrancamento dall’eni). È interessante che nel forum di discussione Fulvio Conti segnali come la separazione e cessione di componenti aziendali ad altri operatori potrebbe finire per indebolire il monopolista casalingo rafforzando al contrario quelli stranieri (come nel Nord Italia che vede ormai edf prevalere su Enel). Un rilievo che conferma una volta di più come, nel campo energetico, non esistano soluzioni autosufficienti, definitive e immediate, che si tratti di fonti rinnovabili o di liberalizzazioni. La stessa prudenza andrebbe forse adoperata anche nei confronti dell’aumento di importazioni tramite la costruzione di infrastrutture; come i rigassificatori, citati ad esempio della necessità di una regia politica più ampia di quella locale – senza però indugiare sul rispetto delle procedure, né sull’esame costi/benefici pure auspicato sotto altri rispetti.

 

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