Storie di fiumi e di popoli
di Marta Brachini

Ideazione di gennaio-febbraio 2007

  Fiumi
   Ettore Mo
     Rizzoli, Milano, 2006
    pp. 222, € 16,50
 


«I grandi fiumi sono l’immagine del tempo, crudeli e impersonali» scrisse Eugenio Montale. I fiumi sono infatti culle di civiltà, fonti di sostentamento, veicoli di sviluppo, potenti elementi della natura. Nel più famoso antico libro del mondo, la Bibbia, appaiono come i protagonisti dell’area mediorientale. Sulle sponde del Nilo si sono tramandate le storie dell’antico Egitto, dello splendore e del declino della civiltà egizia. Il fiume Giordano, le cui acque hanno bagnato le fronti dei primi cristiani, è divenuto luogo d’elezione della storia del cristianesimo. Senza dimenticare i fiumi Tigri e Eufrate sulle cui sponde è fiorita la civiltà mesopotamica, e i cui nomi evocano l’era di Nabucodonosor, le meraviglie dei giardini pensili di Babilonia, e le leggende della Torre di Babele. Sono la perfetta immagine del tempo nel suo scorrere indifferente. Come l’acqua che nel suo fluire leviga e consuma la terra, va verso il mare, si mescola agli abissi e attende di evaporare nell’aria per poi tornare alla terra sotto forma di pioggia. L’immagine romantica della ciclicità naturale, è alla base delle più note filosofie religiose orientali. E secondo questa simbologia i fiumi indiani Gange e Narmada hanno il privilegio dell’appellativo di “fiumi sacri”.

Fiumi di Ettore Mo è una affascinante raccolta di reportage che racconta i corsi d’acqua più importanti del mondo. Interessante scoprire che il Nilo, il fiume più lungo della terra coi suoi 6695 km, ha origini in due separati laghi africani, il lago Vittoria (in Uganda), col nome di Nilo Bianco, e il lago Tana (in Etiopia), col nome di Nilo Azzurro, e si congiunge a Kartum, la capitale del Sudan. Seguono poi per lunghezza il Rio delle Amazzoni, in Brasile, il Mississippi-Missouri, negli Stati Uniti, lo Yangtze, in Cina. I racconti di Mo attirano il lettore dentro un’atmosfera insieme suggestiva e realistica, ricca di richiami storici e di attualità stringente.

Così il fascino dell’Amazzonia si mescola con la cronaca delle proteste degli indios contro i progetti di sbarramento, dighe e incanalamenti, sostenuti dal governo Lula. Temi ricorrenti in Sud America dove spesso si crea un corto circuito tra le esigenze di sviluppo idroelettrico e le difficoltà delle popolazioni autoctone ad accettare la costruzione di grandi bacini idrici che li costringe ad abbandonare i luoghi e gli stili di vita precedenti. Così è per il Rio Paranà (4500 km di corso che toccano ben tre Stati: Paraguay, Brasile, Argentina), altro grande flusso d’acqua intrappolato oggi tra nuovi progetti idrici, la diga di Yaciretá, proteste ambientaliste, ed alti numeri di sfollati. Stessi contrasti valgono per la così detta seconda “grande muraglia” della Cina, la Diga delle Tre Gole, che imbriglia il suo fiume più potente, lo Yangtze. E vale di nuovo per la diga di Ataturk, ormai nota per le tensioni che la sua costruzione ha alimentato tra Turchia, Siria e Iraq. Invece il Mississippi-Missouri, chiamato “old man river”, e descritto come «una specie di enorme corda capace di tenere insieme gli Stati Uniti», è stato fonte di grande ispirazione per il romanziere Marc Twain, ed è entrato con impeto nelle cronache degli ultimi tempi per il disastro di Katrina, l’uragano che ha sommerso New Orleans, città sorta a ridosso delle sue rive. Ma arrivando al continente europeo, va reso omaggio a sua maestà imperiale il Danubio, vecchio di storia e di leggende, che lo vogliono rosso come le guerre che lo hanno insanguinato o blu come lo ha immaginato Johann Strauss nel suo walzer.

Ed è purtroppo una tragedia quella che coinvolge un famoso corso d’acqua italiano, il Piave, associato ormai nelle cronache al disastro del Vajont. Ma una nota dolente suona anche per il mare “ucciso da Mosca”, il Mare d’Aral, condannato all’essiccamento per lo sfruttamento intensivo del fiume Amu Darya che non alimenta più il suo bacino. Una storia che potrebbe ripetersi per l’“occhio azzurro” della Siberia, il lago Bajkal. I reportages di Mo sono un’istantanea sulle maggiori fonti d’acqua dolce del pianeta, i flussi millenari “crudeli e impersonali”, che nella loro interazione con l’uomo sono diventati protagonisti della storia planetaria.

(c) Ideazione.com (2006)
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