
 
        
		
		Un secolo e mezzo di diplomazia
        di Daniele Sfregola
        
         Ideazione 
        di marzo-aprile 2007
		 
      
 
		
  
		La politica estera dell’Italia
		G. Mammarella, P. Cacace
		Laterza, Roma-Bari, 2006
		pp. 320, € 20
 
		
		La politica estera 
		italiana post guerra fredda è vittima di un paradosso. Non più legata a 
		schemi eterodiretti, può rigenerare con profitto l’antico dinamismo 
		pluridirezionale, riadattandolo all’era della globalizzazione; ma, vista 
		l’assenza di una cultura strategica e delle relazioni internazionali che 
		vada oltre i limitati confini dei circoli specialistici, essa rimane 
		vincolata alla reiterazione delle vecchie ambizioni presenzialistiche e, 
		con esse, inesorabilmente dei vecchi tic della sua classe politica. In 
		fondo, il dibattito interno sulle scelte più importanti degli ultimi 
		anni ha risposto a forzature anacronistiche, in una continua 
		riproposizione del filoamericanismo a priori e dell’antiamericanismo di 
		professione che invece trovano uno spazio modesto nella valutazione 
		operativa degli interessi nazionali. 
Il volume di Giuseppe Mammarella, storico della Stanford University, e Paolo Cacace, saggista ed editorialista de Il Messaggero, ricostruisce la politica italiana nel mondo dall’unità ad oggi. Lo studio si mostra particolarmente interessante perché riesce ad analizzare in chiave storica le vicende che accompagnano la diplomazia italiana nel secolo e mezzo di storia unitaria, evidenziandone i caratteri permanenti e le discontinuità, la carenza di una visione d’insieme del ruolo italiano nel mondo e la conseguente improvvisazione nella definizione di obiettivi ed azioni. Gli autori chiariscono il loro punto di vista sin dalla prefazione: «Il declino del paese nasce anche dal declino della sua politica estera, incapace di scegliere i ruoli e gli indirizzi nella definizione degli interessi nazionali, quelli storici e quelli più immediati, e di proiettare sul piano internazionale una immagine positiva, consona allo status di una media potenza regionale con interessi globali».
In un mondo in cui l’iperspecializzazione delle tematiche permette una nuova distinzione concettuale tra la sfera della politica interna e quella della politica estera, - in cui l’assenza di ostacoli ideologici eleva la logica geopolitica e quella geoeconomica a criteri-guida della politica internazionale di uno Stato, in cui emerge una rinnovata forma complessiva di concorrenza internazionale sullo scacchiere globale, perché economica, culturale, politica e militare, in una parola di “sistema”, - l’Italia fatica a slegarsi dalla pregiudiziale logica del cinquantennio post bellico, dai suoi riti di politica domestica e da una mancanza di condivisione valoriale all’interno della classe dirigente e di divulgazione critica a favore dell’opinione pubblica. Il paese appare impreparato, se non disinteressato, ad affrontare un franco dibattito sui propri interessi nel mondo e su quali metodi e tecniche possano nel tempo meglio soddisfarli. Si affanna ad amplificare mediaticamente le dinamiche interne della più grande potenza del mondo, seguendone con entusiasmo e partecipazione emotiva le vicende politiche, ma non è poi disposto a focalizzare l’attenzione principale sul proprio effettivo peso a livello internazionale, sulla propria storia diplomatica, su quel percorso storico e culturale che, più o meno condiviso, ha comunque segnato l’azione internazionale del paese nel corso del tempo, determinando oggi le nuove opportunità della politica estera italiana, non solo verso l’Atlantico ma anche verso Oriente e soprattutto in Europa.
Ne discende una semplificazione ad uso politico interno del ruolo dell’Italia nel mondo e un connesso dibattito permanentemente partigiano, che soltanto una maggiore diffusione di testi quale quello in esame e una più radicata consapevolezza storica e culturale possono contribuire ad emancipare.
 
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