L'irresistibile espansione cinese
di Paolo Della Sala

Ideazione di luglio-agosto 2006

La sfida, se la Cina cambia il mondo
Erik Izraelewicz

Lindau, Torino, 2005
pp. 268, € 18,50

«La Cina è vicina», recitava il mantra gauchiste nel Maggio francese, quando migliaia di giovani sfilavano nelle piazze col libretto di Mao in mano, preferendo il Paradiso rosso alla realtà nella quale erano immersi. Quella fede oggi non c’è più, ma una nuova “maggioranza silenziosa” immagina che i destini del mondo possano essere affidati all’infallibilità papale del proprio leader o del segretario dell’onu, che sarebbe crocifisso dai Bush, e risuscitato dalla morte di Oil for food. Ieri abboccavano giovani col libretto rosso, oggi sfilano cinquantenni con Repubblica sottobraccio: ma le informazioni sulla realtà internazionale restano lontane. Per ovviare a queste lacune si può ricorrere a un testo agile, pieno di dati e privo di teologismi, firmato dal francese Erik Izraelewicz, pubblicato dalla editrice Lindau. Se pensate che il fenomeno cinese non sia di grande importanza per la geopolitica mondiale, non saprete che il salario di un francese permette di dare lavoro a trenta o quaranta cinesi. Oggi la Cina produce il 70 per cento dei giocattoli, delle biciclette e dei lettori dvd in circolazione nel mondo; il 60 per cento delle macchine fotografiche digitali e il 50 per cento dei pc portatili. Shenzhen, città simbolo del cambiamento, contava trentamila abitanti nel 1980 e più di sei milioni nel 2004. Più della metà delle gru per costruzioni di tutto il mondo si trovano in Cina. La rete stradale del nuovo Celeste Impero conta 1,3 milioni di chilometri, ma dovrebbe raggiungere i 2,5 milioni nel 2020. Il paese assorbe quasi il 50 per cento del consumo mondiale di cemento.
È bene sapere che le contraddizioni sono enormi: quasi metà dei cinesi vive con meno di due dollari al giorno. Nonostante ciò, oggi il centro degli equilibri mondiali è tra Cina e India. Dimenticate Eurabia e il Patto atlantico: occorre rivedere molte cose. In Europa l’osteoporosi del welfare, lì la sua revisione. A Bruxelles una contrazione dello sviluppo, in Asia la quinta periferia di Pechino formerà un anello di 180 chilometri attorno alla città, salvo che è già in costruzione la sesta periferia! «La decima periferia passerà per Tokio», dicono in Asia, ed è una battuta non del tutto iperbolica. Entro il 2020 mezzo miliardo di cinesi si inurberà. Ciò significa che per i prossimi anni il paese dovrebbe costruire una città come Parigi ogni mese. Il paese consacra agli investimenti il 45 per cento del proprio pil. A partire dal 1978 la Cina ha raddoppiato la ricchezza prodotta nel 1986, nel 1996, e in questi mesi. Finora soltanto il Giappone aveva raddoppiato il pil in nove anni: a fine Settecento l’Inghilterra raddoppiò il proprio in cinquant’anni.
Non pensate però di trasferirvi a cuor leggero in Cina. Dal 1998 a oggi le imprese pubbliche hanno licenziato 28 milioni di salariati, lasciando in una crisi gravissima regioni come la Manciuria. L’economia deve assorbire ogni anno quasi 15 milioni di nuove braccia. Si parla di 100-200 milioni di senzatetto. La qualità del lavoro è pessima, tanto che nelle miniere muoiono ogni anno 10.000 lavoratori. La corruzione è altissima: secondo la ong Transparency International, la Cina è il sesto paese corrotto al mondo. Scioperi, inflazione e manifestazioni di protesta vengono occultati e soffocati dal regime. Infine, le incognite del sistema finanziario, che finora è stato in mano al Partito e ha dirottato i risparmi privati verso le aziende di Stato, che sono tutte in passivo, tanto che i debiti considerati irrecuperabili consisterebbero nel 20 per cento (ufficialmente) o nel 40 per cento del pil. Lo Stato in questi ultimi anni ha rifinanziato le due principali banche pubbliche con ben 45 miliardi di dollari.
Eppure le aziende occidentali hanno molte nuove opportunità, nonostante la Steinway abbia chiuso l’attività per la concorrenza dei pianoforti cinesi: i semiconduttori sono la terza voce dell’export usa a Pechino. Ciò significa che i prodotti made in China spesso sono il frutto di una partnership con altri paesi. Il che non impedisce che la biografia scritta da Hillary Clinton venga ampiamente censurata.


(c) Ideazione.com (2006)
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