Come restituire efficienza allo Stato
di Stefano Caliciuri

Ideazione di gennaio-febbraio 2007

I nullafacenti
   Pietro Ichino
     Mondadori, Milano, 2006
  pp. 142, € 12

«Perché, mentre si discute di tagli dolorosi alla spesa pubblica per risanare i conti dello Stato, nessuno propone di cominciare a tagliare l’odiosa rendita parassitaria dei nullafacenti?». Comincia in questo modo, tanto realista quanto coraggioso, il lavoro di denuncia di Pietro Ichino, ex dirigente sindacale della Fiom-Cgil e già parlamentare del Partito comunista. La proposta prevede di istituire all’interno delle pubbliche amministrazioni una commissione di valutazione del lavoro dei dipendenti, organo indipendente e distaccato dell’Ente locale, al fine di gestire razionalmente le risorse umane. Per intenderci: premiare i meritevoli, ammonire ed eventualmente licenziare i nullafacenti, coloro cioè che con la scusa del posto di lavoro “statale e sicuro” si permettono di trascorrere la giornata senza nulla produrre, magari facendo addirittura timbrare il cartellino delle presenze a qualche collega ben disposto ad essere contraccambiato nel favore.

Come è comprensibile, l’idea di Ichino è stata sommersa da un tourbillon di critiche, soprattutto da parte di quegli stessi sindacati di cui sino a qualche anno fa lui stesso faceva parte e che ora si nascondono dietro le solite domande retorico-populiste: come si fa a non pensare a quale tragedia familiare va incontro una persona licenziata? Con che criterio la si definisce “produttiva” o “nullafacente”? Chi sarà preposto alla valutazione?

Il problema, però, sta a monte. Do ut des, direbbero i latini. Analogo ragionamento vale per i lavoratori dipendenti, il cui operato ed impegno a favore dell’azienda è premiato con lo stipendio. Ma se il datore di lavoro è assoggettato soltanto al dovere di pagare, senza avere il diritto di non retribuire il nullafacente, allora il principio latino decade. La proprietà transitiva del rapporto del lavoro cessa d’essere, trasformandosi in un rapporto di dipendenza capovolta. In parole povere: il lavoratore svogliato, a prescindere dalla quantità e qualità di valore prodotto, ha il solo diritto di essere pagato senza l’obbligo, appunto, di lavorare.

La proposta di Ichino, in fin dei conti assai banale nei suoi contenuti sostanziali (licenziare chi non lavora), ha suscitato lo scalpore da parte di numerosi accademici ed intellettuali della sinistra più statalista. Secondo loro, per risolvere il problema dell’occupazione produttiva all’interno delle pubbliche amministrazioni, ci vorrebbe “ben altro”. Puntuale la contro-replica di Ichino: cosa significa “ben altro”? È il solito modo di rispondere in maniera qualunquista e generalista, ancora una volta un escamotage per evitare di entrare nel merito della questione. «Questo ben altro – è la replica di Ichino – è proprio quello che stiamo aspettando da decenni. L’organismo di valutazione indipendente è una proposta per ridare ossigeno ad un comparto economico del nostro paese, la pubblica amministrazione, in perenne stato di crisi. Se ci vuole “ben altro” per risolvere il problema saremo tutti ben felice di discuterne. Ma è proprio qui la faccenda: tutti dicono che serve ben altro, ma nessuno dice cosa sia questo altro».    

(c) Ideazione.com (2006)
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