Il
Cristianesimo evangelico sionista
di Antonio Donno
Ideazione
di marzo-aprile 2006
Il Dio in armi. La Gran Bretagna e
la nascita dello Stato di Israele
Jill Hamilton
Corbaccio, Milano, 2006
pp. 438, € 24
I
libri sulla nascita dello Stato di Israele sono ormai numerosi, ma si
può veramente dire che pochi possiedono il fascino di quello della
Hamilton. La tesi centrale del libro è l’influenza che il
Cristianesimo evangelico – la Hamilton usa il termine «nonconformista»
– ha esercitato nel tempo sull’élite intellettuale
inglese e su buona parte della classe politica di quel paese nell’Ottocento
e nel Novecento, rappresentando il terreno più propizio per l’adesione
di quest’ultima all’idea del ritorno del popolo ebraico nella
sua antica patria e della rifondazione di uno Stato ebraico, come compimento
della profezia di Ezechiele. La Bibbia, in questo senso, fu il libro dei
libri, letto, riletto, conosciuto fin nelle sue più intime pieghe
da generazioni di inglesi e, nel nostro caso, da generazioni di rampolli
che divennero i tessitori della politica inglese negli ultimi due secoli.
Lo stesso Lloyd George affermava con orgoglio di conoscere la carta geografica
della Terrasanta, attraverso la lettura della Bibbia, molto meglio di
quella della Gran Bretagna. Il mito di Gerusalemme, per questi uomini,
fu tanto forte da dedicare tutta la loro vita all’idea del ritorno
degli ebrei alla Terra e, a un certo punto, a sposare la causa sionista
con vera, grande partecipazione.
Hamilton ricostruisce questo processo con una prosa limpida e scorrevole,
con una ricostruzione rigorosa ed originale, portando così il lettore
ad immedesimarsi in una pagina di storia poco conosciuta, ma fondamentale.
Per quanto altri storici abbiano sfiorato in precedenza il problema dell’influenza
della Bibbia nel mondo cristiano ai fini del ritorno degli ebrei in Eretz
Israel (in particolare il bel libro di Michael Benson, Harry S. Truman
and the Founding of Israel), nessuno, prima della Hamilton, lo aveva fatto
per il mondo britannico con tanta accuratezza e rigore.
Benché l’influenza dell’Antico Testamento sia sempre
stata molto intensa nel mondo anglosassone, la Hamilton sostiene che l’idea
di ricostituire il focolare nazionale ebraico in Palestina risale ai tempi
di Lord Shaftesbury e di Lord Ashley, gli antesignani, nel mondo politico
inglese, di una visione religiosa di tipo evangelico, non-conformista,
millenarista, centrata, appunto, sul ritorno ebraico alla Terra. Poi Gladstone
e Lloyd George continuarono questa tradizione evangelica nella politica
britannica con un’intensità, continuità e partecipazione
assolute. Intrecciando brillantemente gli eventi del Medio Oriente con
l’evoluzione della politica inglese, la Hamilton dedica tutta la
seconda parte del libro alla figura di Lloyd George, che non indietreggiò
mai rispetto alla sua idea di favorire con ogni mezzo il ritorno degli
ebrei in Palestina e la rinascita colà di un nuovo Stato ebraico.
Egli trovò nel suo ministro degli Esteri, Lord Balfour, una spalla
insostituibile. Fu Balfour che dette il suo nome alla famosa Dichiarazione
del 2 novembre 1917 che impegnava Londra a favorire l’immigrazione
ebraica in Palestina al fine di ricostituire uno Stato ebraico. Sia Lloyd
George sia Balfour provenivano da quel mondo evangelico britannico che
aveva nella Bibbia ebraica il vero, unico punto di riferimento religioso.
La gestione del mandato inglese sulla Palestina fu negativa per il movimento
sionista. Durante la seconda guerra mondiale, ma anche negli anni tra
le due guerre, fu soprattutto Churchill a tenere in vita l’impegno
di Londra verso il movimento sionista. Quando il laburista Attlee vinse
a sorpresa le elezioni nel 1945 e subito dopo ribaltò le assicurazioni
date al sionismo durante la campagna elettorale, Churchill «si mise
a gridare da un capo all’altro della camera» che il Partito
laburista aveva tradito le sue promesse. Gli ultimi capitoli del libro
della Hamilton sono dedicati alla resistenza ebraica in Palestina contro
gli inglesi finché fu Harry Truman, battista, a consacrare la vittoria
della causa sionista riconoscendo Israele pochi minuti dopo la proclamazione
dello Stato ebraico il 14 maggio 1948. Si concludeva, così, una
storia decennale, fatta di amore e di riconoscenza, di una parte del mondo
cristiano verso ciò che al mondo aveva dato il Popolo Eletto.
(c)
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