Il capitalismo figlio della ragione
di Stefano Magni

Ideazione di maggio-giugno 2006

The Capitalist Manifesto.
The Historic, Economic and Philosophic
Case for Laissez-Faire
Andrew Bernstein

University Press of America, 2005
pp. 500, $ 37

L’origine del capitalismo è nel protestantesimo o nel cattolicesimo? L’oggettivista Andrew Bernstein, risponde con un secco “no” a entrambe le tesi: il capitalismo nasce nell’era della ragione. Non è il frutto di alcuna religione, ma dell’Illuminismo, l’epoca in cui le menti degli europei incominciarono a uscire dalle nebbie dei dogmi religiosi. È questa la base del nuovo lavoro di uno dei più coerenti allievi di Ayn Rand, nonché uno dei maggiori divulgatori della sua filosofia oggettivista presso l’Ayn Rand Institute. Il volume, abbastanza ponderoso ma scorrevolissimo e dedicato ad un pubblico di non addetti ai lavori, comprende una prima parte storica, una seconda filosofica e una terza più prettamente economica e politica. Ma al di là del fatto che le discipline coinvolte sono tante, il tema è uno solo: il capitalismo è il sistema della ragione, per questo è il miglior prodotto della società umana. La rivoluzione industriale è interpretata qui come il momento-chiave dell’inizio del capitalismo. Bernstein argomenta la tesi in modo molto convincente: l’enorme sviluppo dell’umanità nei tre secoli successivi alla rivoluzione industriale non è nemmeno paragonabile a quello dei secoli pre-industriali. La rivoluzione non avvenne per caso, ma fu l’applicazione pratica della rivoluzione scientifica di Newton, della teoria dei diritti individuali di John Locke e delle teorie economiche e sociali degli illuministi scozzesi del Diciottesimo secolo. Bernstein smonta efficacemente i miti anti-industriali della storiografia romantica e novecentesca, mostrando come le condizioni dei lavoratori e delle classi più povere siano nettamente migliorate rispetto al passato. Contrariamente al moralismo diffuso, che vede nei grandi industriali solo degli sfruttatori, l’autore fa una vera e propria agiografia dei robber barons che hanno fatto la storia del capitalismo. Il capitalismo è inscindibile dai diritti individuali: solo la protezione di vita, libertà e proprietà di ciascun individuo permette a una mente libera di esprimere tutte le sue potenzialità.
Non solo il capitalismo richiede diritti, ma anche un’etica di comportamento individuale fondata sull’egoismo razionale. Il primo e unico vero scopo della vita è vivere. L’uso della ragione (l’interpretazione della realtà che esclude la fede, l’istinto, ma anche l’utopia) è il principale strumento per la sopravvivenza. E il perseguimento di obiettivi che privilegiano la propria sopravvivenza e il miglioramento della propria esistenza in terra, sono l’essenza dell’etica egoista razionale, l’unica realmente in grado di sprigionare al meglio la creatività produttiva dell’individuo e assicurarne la piena libertà. Bernstein, al contrario, è fortemente critico nei confronti dell’etica dell’altruismo che, fondandosi sul sacrificio di sé, tarpa le ali all’individuo e finisce per giustificare la soppressione dei suoi diritti nel nome di un astratto “bene collettivo”. Infine Bernstein rovescia le accuse solitamente rivolte al capitalismo: nella realtà attuale è ben visibile la differenza tra le società più capitaliste e quelle meno capitaliste. È visibilissimo l’abisso che c’è fra la Corea del Sud e la Corea del Nord, ma altrettanto visibile è la differenza tra il dinamismo degli Stati Uniti più liberisti e la stagnazione delle socialdemocrazie europee. Problemi economici spesso attribuiti al capitalismo, come la disoccupazione, i monopoli, l’inflazione, sono in realtà frutto di politiche stataliste. Ma, cosa ancor più importante: il capitalismo non è la causa ma l’antidoto dei conflitti, sia interni che internazionali. Bernstein dimostra come il capitalismo serva ad ammorbidire, se non risolvere, problemi quali il razzismo, il nazionalismo, il fanatismo religioso. Sono gli Stati non capitalisti che hanno bisogno della guerra (contro gli Stati vicini e i loro stessi cittadini) per arricchirsi ed espandere il loro potere, non le nazioni libere. L’imperialismo e la schiavitù sono colpe dello Stato, non del capitalismo. Il libro di Andrew Bernstein, insomma, può essere un’utile messa a punto delle tesi a favore del libero mercato per chi già le conosce e condivide, ma è una lettura indispensabile soprattutto per chi ha paura della globalizzazione.

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