Orientarsi fra le privatizzazioni
di Giuseppe Pennisi

Ideazione di marzo-aprile 2007

  Le privatizzazioni in Italia
Emilio Barucci e Federico Pierobon
Carocci, Roma, 2007
pp. 144, € 9,50

 

Questo lavoro di Barucci, docente di finanza matematica ed ingegneria finanziaria al Politecnico di Milano, e di Pierobon, che partecipa al graduate programme di Economics, Finance and Management all’Università Pompeu Fabra di Barcelona, appare in una collana che si chiama Le Bussole. Ha, quindi, l’obiettivo di orientare su temi e problemi lettori non specialisti ma che vogliano saperne di più di quanto si legge su quotidiani e riviste. È un libro, quindi, di alta divulgazione indirizzato a quelle che un tempo amavano considerarsi “persone colte”. Si basa, però, su studi analitici (e di spessore) dei due autori, il primo sulla soglia dei quarant’anni ed il secondo su quella dei trenta. Ancora giovani, quindi, per formulare algoritmi complessi nonché per avere assistito in prima persona al difficile ed irto sentiero delle privatizzazioni iniziato nel primo scorcio degli anni Novanta.

Il racconto delle privatizzazioni dal 1992 al 2005, quando è cominciata una fase di attesa (dovuta prima alla campagna elettorale e poi alle incertezze di una coalizione dominata da una sinistra radicale essenzialmente contraria ai processi di liberalizzazione e denazionalizzazione), è sintetizzato nel secondo capitolo del libro. Negli altri si prendono in esame le ragioni per privatizzare, le modalità per farlo e il recupero di efficienza e di produttività in un campione di 51 imprese privatizzate. Le conclusioni sono che si poteva fare di più e di meglio, specialmente sotto il profilo della politica della concorrenza che avrebbe dovuto accompagnare il processo. Nonostante il tono volutamente asettico del volume, le prospettive non sembrano incoraggianti: il libro si chiude con la trasformazione della Cassa Depositi e Prestiti in una holding di partecipazioni pubbliche (quasi un novello iri) più per esigenze di finanza pubblica che per portare avanti un disegno strategico.

Tra i meriti del libro quello di ricordare come l’unico progetto organico in materia di privatizzazioni sia stato quello approvato dal Consiglio dei ministri il 30 dicembre 2002, progetto peraltro la cui realizzazione è solamente iniziata anche perché il nuovo esecutivo non ha dato seguito a quanto si stava predisponendo in materia di enel, eni, Poste e rai, nonché di servizi pubblici locali.

Tra i limiti quello di accennare solo in modo molto sfumato a come la classe dirigente industriale (specialmente la grande impresa) non abbia compreso la finestra di opportunità aperta dalle privatizzazioni. Una finestra che, se appropriatamente colta, avrebbe potuto contribuire a modernizzare ed ampliare il settore manifatturiero italiano. Invece, le major nostrane hanno di fatto abbandonato i loro core business per bruciare risorse in una sfrenata rincorsa della rendita, specialmente nelle telecomunicazioni e nelle autostrade. Ma questo è argomento che deve interessare i political economists, i sociologi ed i politologi piuttosto che due economisti matematici il cui obiettivo, in questo libro, è unicamente quello di indicare la rotta.

 

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