Storia contabile dell'Italia
di Giuseppe Pennisi

Ideazione di novembre-dicembre 2006

 Alle radici del capitale
Modelli economico-patrimoniali
per il bilancio e la contabilità dello Stato

 a cura di Luca Anselmi
  Milano, Giuffré Editore, 2006
 pp. 176, € 20

Perché una rivista di cultura politica come la nostra si interessa ad un libro dal titolo tanto tecnico da essere ostico ai non addetti ai lavori? In primo luogo, perché a dispetto del titolo è un testo divertente. Nasce dallo sforzo di ricerca di cinque università, nell’ambito di un programma del cnr, per meglio comprendere le riforme del bilancio dello Stato degli ultimi anni e le prospettive di cambiamento ancora in atto. L’analisi, però, parte da lontano: in linguaggio accessibile anche a chi non è esperto della materia ci porta alle scritture contabili nella Genova del XIV secolo e nella Lucca del XVIII, facendo, quindi, respirare il profumo delle repubbliche e dei principati mercantili dell’Italia dell’epoca della nascita del capitalismo. Da lì, ci conduce nei sistemi amministrativi del Piemonte e del Lombardo-Veneto ed in quelli dei primi passi del Regno d’Italia per giungere alla riforme del Novecento sino alle più recenti effettuate a cavallo del XXI secolo. È forse un modo curioso quello di leggere la storia d’Italia attraverso la contabilità; è, senza dubbio, una maniera innovativa e che ci fa comprendere numerosi aspetti tanto del mondo della pubblica amministrazione quanto della vita di impresa, attraverso i secoli, che spesso i libri di storia politica non trattano. Fornisce, dunque, un contributo importante a quello che dovrebbe essere il bagaglio di coloro che un tempo venivano chiamate “persone colte”.

In secondo luogo, anche se i saggi in esso contenuti nel volume riguardano il metodo (e la sua storia) più che i contenuti delle politiche economiche, è un libro di interesse immediato in quanto, mai come adesso, il metodo può fare da grimaldello non solamente alla prossima finanziaria ma anche e soprattutto al più vasto programma di riordino dello Stato che, quale che sia la colorazione politica del governo, deve essere effettuato per tener testa al processo di integrazione economica internazionale ed alle sue implicazioni. Troppo a lungo la disciplina della contabilità pubblica è stata lasciata quasi interamente ai giuristi. Adesso, ci dice il lavoro coordinato da Luca Anselmi, sta emergendo un modello che «va nella direzione di una complessiva interazione delle scritture contabili finanziarie con quelle analitiche (più o meno) formalizzate, nell’ottica di un sistema sempre più contiguo a quello aziendale. Tale, quindi, da consentire di misurare efficienza ed efficacia delle singole azioni». È interessante notare come questi fossero gli obiettivi iniziali della contabilità pubblica, sin dai tempi delle esperienze fatte a Genova nel XIV secolo ed a Lucca nel XVIII. Esperienze importanti che il libro di Anselmi correttamente ripropone nel loro valore esemplare (prima che gli Azzeccagarbugli si impadronissero della materia).

(c) Ideazione.com (2006)
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