Ricette per un Islam italiano
di Alessandro Marrone

Ideazione di gennaio-febbraio 2007

   Io amo l'Italia
   Magdi Allam
   Mondadori, Milano, 2006
  pp. 320, € 17

«Io amo l’Italia». È difficile ritrovare una frase così netta e impegnativa nel dibattito pubblico italiano. Si verrebbe accusati dai sacerdoti del politicamente corretto di chiusura nei confronti delle altre culture, come se per dialogare con gli altri bisognasse prima abbandonare la propria identità. Non poteva perciò esserci titolo migliore per un libro come quello di Magdi Allam che rompe molti dogmi del progressismo su un tema così importante come il rapporto tra l’Italia e gli immigrati islamici, e il rischio che l’Europa si trasformi in una fabbrica di kamikaze.

La prima parte del libro è incentrata sulla storia personale dell’autore, inscindibilmente legata alle sue analisi ed idee. Figlio di egiziani, cresciuto al Cairo ma frequentando la comunità italiana, a vent’anni vive il trauma di lasciare una madre sempre più immersa nell’islam wahabita per emigrare in Italia, dove si avvicina al giornalismo traducendo notizie dalla stampa araba e scrivendo articoli per testate regionali. Poi l’approdo a Repubblica negli anni Ottanta, e l’ascesa dalla gavetta della redazione al rango di editorialista, resa difficile dall’estraneità al “partito di Repubblica”. Cominciano così quei reportage che lo rendono familiare al grande pubblico, sul Medio Oriente e su certi centri culturali islamici, fabbriche di odio e alienazione verso la società ospite, e a volte di vera e propria collusione con il terrorismo islamico. Servizi che gli sono costati la condanna a morte da parte di Hamas, e una vita sotto scorta dal 2003. Nello stesso anno il passaggio al Corriere della Sera, con la qualifica di vicedirettore: è la prima volta che una carica del genere è stata attribuita ad un immigrato, di origine egiziana e fede musulmana, il che di per sé testimonia da un lato quanto sia rilevante oggi l’immigrazione in Italia, e dall’altro quanto sia possibile una sua integrazione.

Il libro poi si concentra proprio sull’esplosiva situazione dei musulmani nel nostro paese. Nota l’autore che esistono 150 scuole coraniche, che educano settemila figli di immigrati, senza alcun controllo né sui contenuti veicolati né sugli insegnanti. Tra i molti episodi citati di imam che difendono i kamikaze e incitano alla guerra santa contro il paese e la civiltà che li ospita, Magdi Allam esamina in particolare il caso della scuola islamica di via Quaranta a Milano, prima ospitata nella moschea di viale Jenner. Una scuola dove è stato provato che ogni mattina i bambini cantano «Nostro strumento è la spada affilata, che a terrorizzare i nemici dell’Islam è destinata, o musulmani siate pronti e preparati, alla splendida vittoria di cui presto sarete coronati». Una scuola di cui l’autore ha chiesto dalle colonne del Corsera la chiusura, affinché i bambini della comunità islamica imparassero la lingua e la cultura italiana nelle scuole pubbliche. E in questo come in altri recenti casi, nota Magdi Allam, contro il ruolo di educatore civico svolto dalla scuola pubblica si è battuta proprio quella parte della sinistra italiana talmente accecata dal pregiudizio filomusulmano, figlio di quello antioccidentale, da dimenticare le sue stesse battaglie per la laicità dello Stato. La scuola dell’odio è stata chiusa il 31 agosto 2005 dal ministro Moratti, ma altre sono in costruzione, come la moschea di Colle Val D’Elsa contro cui si è scagliata Oriana Fallaci negli ultimi anni di vita, controllate dall’ucoii, l’Unione delle Comunità Islamiche Italiane. Un’organizzazione che, secondo l’autore, rappresenta solo una minoranza degli islamici in Italia (solo il 5 per cento dei musulmani italiani frequenta abitualmente i luoghi di culto), ma che riesce ad accreditarsi come interlocutore del governo grazie all’ingenuità, o peggio alla connivenza, dei politici italiani.

Altro punto del libro che colpisce è il lungo elenco di musulmani cittadini o residenti in Europa che si sono fatti esplodere sulle Twin Towers, in Afghanistan e in Iraq, a Madrid e a Londra: il dramma, secondo l’autore, è che «l’Occidente è una fabbrica di kamikaze, ma gli occidentali non lo capiscono». Per Magdi Allam la filiera che dai centri di indottrinamento delle città europee fabbrica kamikaze da far esplodere nella guerra terroristica globale è una realtà, come purtroppo è una realtà il fatto che giornalisti, politici e magistrati ideologizzati neghino la matrice islamica dell’11 settembre, assolvano i reclutatori di terroristi definendoli resistenti, diffamino i vertici dell’antiterrorismo italiano. Un’azione politica e mediatica che nasconde i problemi sul tappeto e rende più difficile pensare e attuare le politiche necessarie per affrontarli. Una di queste politiche secondo l’autore dovrebbe consistere nel sostenere i moderati musulmani italiani; un primo passo in questa direzione può essere rintracciato nell’istituzione della Consulta islamica italiana, da parte dell’allora ministro dell’Interno Pisanu, proprio con la consulenza costante di Magdi Allam. Altre possibili politiche sono suggerite nel finale del libro, che testimonia l’impegno civile dell’autore per un Islam italiano che interiorizzi i valori fondanti della liberaldemocrazia e non costituisca un pericolo per la sicurezza e la libertà della società italiana.

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