E i tedeschi scoprono l'emergenza peso
di Pierluigi Mennitti
[07 giu 07]


La classifica era uscita poco più di un mese fa: i tedeschi sono i più ciccioni d'Europa, le tedesche le più ciccione. Tanto per fare un parallelo con l'Italia, le italiane erano risultate le più magre, in fondo alla classifica, e gli italiani avevano conquistato un autorevole terz'ultimo posto. Da allora, in Germania, oltre che della salute della Grosse Koalition e di quella del pianeta non si parla d'altro. Della salute del popolo teutonico. Qui a Berlino, viste dalla prospettiva dell’alimentazione, le cose vanno diversamente già da qualche tempo. Almeno nei quartieri sciccosi, nella nuova szene di Mitte e lungo la direttrice che va verso Ovest, da Schöneberg a Charlottenburg fino a Zehlendorf e Wannsee, è tutto un proliferare di palestre, locali di fitness, supermercati bio, centri di meditazione e ginnastica yoga. Si mangia all'italiana, alla spagnola, alla giapponese. Il sushi è gesund, l'insalata condita con un filo di olio d'oliva è gesund, le tapas sono gesund. Cioè sane.

Non vi è forse altro paese d’Europa (semmai bisogna andare negli Stati Uniti) per trovare un consumo così alto di prodotti macrobiotici. E allo stesso tempo non vi è altro paese d’Europa (e di nuovo, tocca volare oltre Atlantico) per rintracciare una così alta percentuale di obesi. Il problema, come tendenza, in verità è comune a tutti i paesi industrializzati, Italia compresa. Gli scienziati dell’alimentazione spiegano tutto con una facile equazione: più cibo disponibile, vita moderna più sedentaria. Le diete sono utili ma il segreto, in fondo, è uno solo: mangiare di meno, meglio e muoversi di più.

In Germania, magazine e libri più venduti sono quelli di cucina. Una riscoperta su tutta la linea della cucina leggera e mediterranea: alla sensazione di mangiar leggeri si aggiunge il tocco un po’ esotico dei sapori del Sud. Se ne avvantaggiano i prodotti italiani, spagnoli, finanche greci quando si mantengono sulle verdure, olive e koriatiki, la famosa insalata greca con la feta, imbastardita in tutti i ristoranti fuori dall’Ellade. Sul lato librario, invece, nessuno riesce a resistere alla simpatia guascona che ispira il cuoco inglese (sì, avete capito bene, inglese) Jamie Oliver, uno che vende milioni di copie dimostrando che si può diventare bravi cuochi anche nascendo nella nazione più analfabeta del pianeta in fatto gastronomico: basta amare l’Italia e la sua cucina e saper confezionare libri allegri e divertenti con i quali invadere le librerie di tutta Europa.

Come sempre, le campagne dei tempi moderni diventano crociate: deve essere lo spirito dei tempi. I media martellano, i medici terrorizzano, i politici pontificano. E progettano leggi per vietare le merendine agli scolari a scuola, controllare i cittadini a tavola, ridurre le porzioni nei ristoranti. I rivoluzionari di Kreuzberg prendono l’insostenibile pesantezza del BigMac come pretesto per una battaglia contro l’apertura di un McDonald’s nel loro quartiere: più sani, meno americani. I libertari si ribellano e qualche giornale si prende la briga di mettere in prima pagina i politici sovrappeso e di titolare: cominciate voi a mangiare di meno. Ovviamente l’ha fatto la Bild. Ora però l’aristocratica Frankfurter Allgemeine ha infilato una serie di personaggi più o meno famosi e più o meno grossi, che dicono di essere soddisfatti del modo in cui mangiano e, nel caso dei “ciccioni”, del loro stomaco. Una volta un amico tedesco piuttosto robusto mi disse felice accarezzandosi il pancione: “E’ costato un sacco di soldi, sai”. Come dargli torto. 

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