Da
un po’ di tempo non è più vero che la Germania non riesca a fare i
conti con il proprio passato. Man mano che ci si allontana
temporalmente dagli eventi, anche il nazismo non è più un periodo
tabù. Libri, dibattiti televisivi, ricostruzioni cinematografiche
aiutano a ricostruire criticamente la storia patria nella sua
interezza, senza più buchi neri. Le generazioni più giovani sembrano
in grado di guardare agli orrori di quel periodo senza complessi e
senza giustificazioni. Così negli ultimi anni una serie di musei di
documentazione hanno permesso ai visitatori di leggere, attraverso
documentazioni scritte e filmate originali, la storia di quegli anni
tragici, nei quali un paese civile ed evoluto come la Germania è
sprofondato in abissi tanto profondi.
Particolare effetto fa la visita nella zona di Berchtesgaden che fu luogo di grande importanza diplomatica negli anni del governo hitleriano. La storia del nazismo a duemila metri d’altezza e in pochi chilometri quadrati. Si parte da Oberau e dopo sei, sette tornanti in salita si giunge sull’Obersalzberg. Nel punto dove c’era la residenza estiva del Führer e l’intero quartiere dei suoi più stretti collaboratori, oggi c’è il Documentation Obersalzberg, una mostra permanente sulla storia del nazismo e sui legami che unirono questo spicchio di Baviera alle vicende di Adolf Hitler. Una mostra onesta, che racconta tutto di quel periodo, gli incerti esordi, la travolgente ascesa, l’ideologia criminale, la modernità mediatica, la volontà di potenza, la perfetta organizzazione, l’ossessione razziale, lo sterminio degli ebrei e di minoranze come zingari e omosessuali, la politica estera espansiva, la guerra, le distruzioni, la morte.
Nella terra che diventò di fatto la seconda capitale nazista e che vide sfilare capi di Stato e diplomatici nei mesi più tragici del Novecento, c’è un bell’esempio di come si può guardare alla propria storia, anche se tragica, senza nascondersi nulla. Non è un caso che, da quando nel 1999 è stato inaugurata questa esposizione, i visitatori siano cresciuti di anno in anno in maniera esponenziale e americani e inglesi (dopo i tedeschi) siano quelli più numerosi. Se ricordate le immagini del Führer che gioca con un cane lupo e di Eva Braun che civetta con la telecamera, sappiate che sono state girate qui, dove relax e impegno politico consumavano le agognate pause di Hitler dalla odiata Berlino. E qui fu concluso il famoso patto di Monaco, l’apoteosi della politica di appeasement con cui l’Europa s’illuse di poter gestire le mire imperialiste e razziali di Hitler.
Materiale storico è raccolto nel bel catalogo della mostra. Poi si sale verso la vetta con un autobus, a 1837 metri d’altezza, dove i servizievoli attendenti del capo, Bormann e Göring, gli avevano regalato, per il cinquantesimo compleanno, la Kehlsteinhaus, passata alla storia con il famigerato nome di “Nido delle aquile”. Da qui il mondo appare ai propri piedi. Da qui Hitler governava le sorti di milioni di uomini. Ci si arriva arrampicandosi su un autobus per un dislivello di ottocento metri, poi percorrendo un tunnel sotterraneo, quindi utilizzando l’originale e lussuoso ascensore in ottone luccicante per gli ultimi 139 metri. Ci si monta la testa ad osservare monti e vallate come se si fosse a bordo di un aereo. Questo rifugio, ad un tempo affascinante e angosciante, rende la misura della follia che attanagliò l’Europa per oltre un decennio.
Per scrivere ad Alexanderplatz: pmennitti@hotmail.com
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