Il grande schermo racconta Berlino
di Pierluigi Mennitti
[26 giu 07]


E’ stata una buona idea, ieri, lanciare la proposta di una serie di articoli che raccontassero Berlino (e più in generale la Germania e le nazioni limitrofe) con un intento di servizio verso coloro che si apprestano a fare le vacanze da queste parti. Lo faremo cercando di offrire angolature originali, anche rispetto ai suggerimenti che potete trovare su giornali e riviste di settore, sempre prodighi di curiosità e informazioni, talvolta però un po’ troppo standardizzate. Una lettrice, ad esempio, scrive (da oggi alla fine di ogni articolo troverete un indirizzo e-mail al quale inviare osservazioni, critiche, giudizi e richieste al titolare di questa rubrica) chiedendo qualche indicazione sulla filmografia su Berlino. Scrive: sono giovane e la mia memoria parte dalla caduta del Muro, vorrei farmi un’idea della città andando oltre il solito trittico Cielo sopra Berlino-Goodbye Lenin-Christiane F. Aggiungo anche Le vite degli altri, un film malinconico sulle persecuzioni della Stasi negli anni della DDR, oggi tuttavia talmente recensito da rendere superflua qualsiasi aggiunta.

Bene, se si è avuta la capacità di digerire il film di Wim Wenders, bello ma impegnativo, allora si è già sulla buona strada, perché il cinema tedesco può essere apprezzato solo da chi ha lo stomaco piuttosto robusto. Il Cielo sopra Berlino è un film poetico, che racconta la città negli anni immediatamente precedenti alla caduta del Muro e ne coglie il senso di svagatezza e di disorientamento che era la caratteristica di quel periodo. Può sembrare strano, ma nessuno aveva la sensazione che di lì a poco tutto sarebbe cambiato. Si andava avanti, a Berlino come a Praga o a Varsavia o a Budapest, senza più una vera paura dei regimi e con l’idea che il futuro non avrebbe fatto vivere pagine di storia ma quotidianità ordinaria, lento adeguarsi alla banalità di un totalitarismo che presentava ormai tanti buchi dai quali respirare. Più leggero, ma sempre immagine di quell’epoca, è il film Herr Lehmann, la storia di un giovane sulla soglia della mezza età perduto nella Kreuzberg degli ultimi anni Ottanta, tra pub, kneipe e bar nei quali annegare coscienza e ambizioni. La regia è di Leander Haußmann sulla base del romanzo di Sven Regener (in Italia pubblicato da Feltrinelli).

Riprendendo il discorso cronologico dall’inizio del secolo passato, non dovrebbe essere troppo difficile rintracciare un film muto di Walther Ruttmann del 1927, Berlino: sinfonia di una grande città, un affresco ambizioso della metropoli degli anni Venti al culmine della sua vivacità. Gente indaffarata per le strade, omnibus e automobili che sfrecciavano, più documentario di una giornata tipica che film vero e proprio: stride il contrasto fra l’effervescenza della città che si intuisce nel silenzio della pellicola. Atmosfere degli anni Venti si ritrovano in altri capolavori girati in epoche diverse: L’angelo azzurro di Josef von Sternberg (dal romanzo di Heinrich Mann) con l’indimenticabile Marlene Dietrich è del 1930; Alexanderplatz (dal romanzo di Alfred Döblin) ha due date, il 1931 per l’edizione del regista Phil Jutzi, il 1980 per quella più recente di Rainer Fassbinder che in questi giorni viene replicata nelle sue 15 ore di proiezione nel cinema d’essay Babylon a Mitte; e infine del 1972 è Cabaret di Bob Fosse con Liza Minnelli (dal romanzo di Christopher Isherwood Addio a Berlino) che descrive gli ultimi barlumi della Berlino weimariana prima della lunga notte nazista.

Il brivido della Germania nazionalsocialista è tutto racchiuso nelle magie della macchina da presa di Leni Riefenstahl, la controversa regista e fotografa che subì il fascino di Hitler e regalò al regime alcuni straordinari capolavori. Quello che riguarda Berlino è Olympia, la storia per immagini dei giochi olimpici del 1936, con le architetture neoclassiche dello stadio che si fondono con la statuaria bellezza degli atleti in gara (ovviamente tedeschi, ovviamente ariani) e gli sguardi compiaciuti del loro Führer. Il dopoguerra è in Germania anno zero, il film di Roberto Rossellini del 1947. La Berlino divisa rivive nella commedia di Billy Wilder del 1961 Eins, zwei, drei con le gesta del signor McNamara, direttore della filiale tedesca della Coca Cola di stanza a Berlino Ovest e nel thriller spionistico del 1965 La spia che venne dal freddo di Martin Ritt, tratto dall’omonimo e celeberrimo romanzo di John Le Carré.

Citato nuovamente e per completezza Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, la storia drammatica della generazione degli anni Settanta che a Berlino Ovest crollò sotto i colpi della droga raccontati attraverso la vita di Christiane F., chiudiamo questa incompleta carrellata con due film post-Muro di tono completamente diverso che hanno accompagnato la veloce e convulsa transizione berlinese. Il thriller Lola rennt, del 1998, con Franka Potente e Moritz Bleibtreu, una corsa a perdifiato tra i palazzi ultramoderni della nuova capitale per non perdere l’appuntamento con il complice (e forse, metaforicamente, con la storia). E il poetico e rilassante Sommer vorm Balkon, una deliziosa commedia estiva di due anni fa girata nel quartiere alla moda di Prezlauerberg, rinato a nuova e sciccosa vita dopo i restauri degli anni Novanta.

 

Per scrivere ad Alexanderplatz: pmennitti@hotmail.com

 

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