E’
stata una buona idea, ieri, lanciare la proposta di una serie di
articoli che raccontassero Berlino (e più in generale la Germania e
le nazioni limitrofe) con un intento di servizio verso coloro che si
apprestano a fare le vacanze da queste parti. Lo faremo cercando di
offrire angolature originali, anche rispetto ai suggerimenti che
potete trovare su giornali e riviste di settore, sempre prodighi di
curiosità e informazioni, talvolta però un po’ troppo
standardizzate. Una lettrice, ad esempio, scrive (da oggi alla fine
di ogni articolo troverete un indirizzo e-mail al quale inviare
osservazioni, critiche, giudizi e richieste al titolare di questa
rubrica) chiedendo qualche indicazione sulla filmografia su Berlino.
Scrive: sono giovane e la mia memoria parte dalla caduta del Muro,
vorrei farmi un’idea della città andando oltre il solito trittico
Cielo sopra Berlino-Goodbye Lenin-Christiane F. Aggiungo anche
Le vite degli altri, un film malinconico sulle persecuzioni
della Stasi negli anni della DDR, oggi tuttavia talmente recensito
da rendere superflua qualsiasi aggiunta.
Bene,
se si è avuta la capacità di digerire il film di Wim
Wenders, bello ma impegnativo, allora si è già sulla buona
strada, perché il cinema tedesco può essere apprezzato solo
da chi ha lo stomaco piuttosto robusto. Il
Cielo sopra Berlino è un film poetico, che racconta la
città negli anni immediatamente precedenti alla caduta del
Muro e ne coglie il senso di svagatezza e di disorientamento
che era la caratteristica di quel periodo. Può sembrare
strano, ma nessuno aveva la sensazione che di lì a poco
tutto sarebbe cambiato. Si andava avanti, a Berlino come a
Praga o a Varsavia o a Budapest, senza più una vera paura
dei regimi e con l’idea che il futuro non avrebbe fatto
vivere pagine di storia ma quotidianità ordinaria, lento
adeguarsi alla banalità di un totalitarismo che presentava
ormai tanti buchi dai quali respirare. Più leggero, ma
sempre immagine di quell’epoca, è il film
Herr Lehmann, la storia di un giovane sulla soglia della
mezza età perduto nella Kreuzberg degli ultimi anni Ottanta,
tra pub, kneipe e bar nei quali annegare coscienza e
ambizioni. La regia è di Leander
Haußmann sulla base del romanzo di Sven Regener (in Italia
pubblicato da Feltrinelli).
Riprendendo il discorso cronologico dall’inizio del secolo
passato, non dovrebbe essere troppo difficile rintracciare
un film muto di Walther Ruttmann del 1927,
Berlino: sinfonia di una grande città, un affresco
ambizioso della metropoli degli anni Venti al culmine della
sua vivacità. Gente indaffarata per le strade, omnibus e
automobili che sfrecciavano, più documentario di una
giornata tipica che film vero e proprio: stride il contrasto
fra l’effervescenza della città che si intuisce nel silenzio
della pellicola. Atmosfere degli anni Venti si ritrovano in
altri capolavori girati in epoche diverse:
L’angelo azzurro di Josef von Sternberg (dal romanzo di
Heinrich Mann) con l’indimenticabile Marlene Dietrich è del
1930; Alexanderplatz (dal romanzo di Alfred Döblin)
ha due date, il 1931 per l’edizione del regista
Phil Jutzi, il 1980 per quella più recente di
Rainer Fassbinder
che in questi giorni viene replicata nelle sue 15 ore di
proiezione nel cinema d’essay Babylon a Mitte; e infine del
1972 è
Cabaret di Bob Fosse con Liza Minnelli (dal romanzo di
Christopher Isherwood Addio a Berlino) che descrive gli
ultimi barlumi della Berlino weimariana prima della lunga
notte nazista.
Il brivido della Germania nazionalsocialista è tutto
racchiuso nelle magie della macchina da presa di Leni
Riefenstahl, la controversa regista e fotografa che subì il
fascino di Hitler e regalò al regime alcuni straordinari
capolavori. Quello che riguarda Berlino è
Olympia, la storia per immagini dei giochi olimpici del
1936, con le architetture neoclassiche dello stadio che si
fondono con la statuaria bellezza degli atleti in gara
(ovviamente tedeschi, ovviamente ariani) e gli sguardi
compiaciuti del loro Führer. Il dopoguerra è in
Germania anno zero, il film di Roberto Rossellini del
1947. La Berlino divisa rivive nella commedia di Billy
Wilder del 1961
Eins, zwei, drei con le gesta del signor McNamara,
direttore della filiale tedesca della Coca Cola di stanza a
Berlino Ovest e nel thriller spionistico del 1965
La spia che venne dal freddo di Martin Ritt, tratto
dall’omonimo e celeberrimo romanzo di John Le Carré.
Citato nuovamente e per completezza
Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino,
la storia drammatica della generazione degli anni Settanta
che a Berlino Ovest crollò sotto i colpi della droga
raccontati attraverso la vita di Christiane F., chiudiamo
questa incompleta carrellata con due film post-Muro di tono
completamente diverso che hanno accompagnato la veloce e
convulsa transizione berlinese. Il thriller
Lola rennt, del 1998, con Franka Potente e Moritz
Bleibtreu, una corsa a perdifiato tra i palazzi ultramoderni
della nuova capitale per non perdere l’appuntamento con il
complice (e forse, metaforicamente, con la storia). E il
poetico e rilassante
Sommer vorm Balkon, una deliziosa commedia estiva di due
anni fa girata nel quartiere alla moda di Prezlauerberg,
rinato a nuova e sciccosa vita dopo i restauri degli anni
Novanta.
Per scrivere ad Alexanderplatz: pmennitti@hotmail.com
(c)
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