Knut resta la star incontrastata
di Pierluigi Mennitti
[19 giu 07]


Lui è la star incontrastata, un batuffolo bianco abbandonato dalla madre e salvato da Thomas Dörflein, il padre adottivo, umano, con una barba scura scura. Lui è Knut, l’orsetto dello zoo di Berlino che ha conquistato il cuore di piccoli e grandi e le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Una vera e propria macchina da soldi, che ha rivitalizzato le casse dello Zoologischer Garten berlinese e riempito di gadget i negozi di souvenir cittadini: i peluches originali della rinomata fabbrica Steiff, quella con il bottone nell’orecchio e le migliaia di repliche a poco prezzo delle bancarelle, i filmati in dvd in cui si segue giorno per giorno la crescita del nostro eroe, i numeri speciali delle riviste fotografiche, una sorta di fotoromanzo in bianco. Fino ai libri disegnati dall’olandese Hans de Beer, Der kleine Eisbär, appunto la saga di un orsetto bianco pre-Knut che ovviamente ha saputo raccogliere l’onda della nuova passione.

Lui è lì, nel recinto dello zoo, sbirciato, osservato, osannato da centinaia di fan al giorno che attendono composti ma trepidanti che si conceda per la passeggiata quotidiana, un po’ più fugace da quando ha preso a fare un gran caldo. Knut cresce, da qualche giorno ha superato i sei mesi d’età, ma cresce lentamente, perché l’alimentazione artificiale lo ha salvato dalla morte ma lo ha reso un po’ gracilino. Anche il suo papà, Thomas, ha dovuto saggiare gli onori e gli oneri della fama, è diventato suo malgrado un personaggio, fotografato, intervistato, inseguito per il piacere dei lettori e dei telespettatori che fanno salire vendite e audience ogni qual volta che uno dei protagonisti della saga di Knut si confessa al pubblico.

Lui resta lì, star incontrastata e vincente. Ogni tanto si presenta qualche sfidante, qualche pretendente al trono. I pubblicitari provano a replicare il successo di Knut e a fare degli zoo berlinesi una sorta di fattoria degli animali che attira turisti e consumatori di emozioni e gadget. Ma la favola non si ripete, a testimonianza che il merchandising può sfruttare il successo e amplificarlo, non crearlo. Prima ci ha provato lo Zoologischer Garten con un cucciolo di leopardo. Lanciato in pista come l’anti-Knut, ha trascorso le giornate della sfida triste e solo, senza un solo bambino che lo degnasse di uno sguardo. Poi è stata la volta dell’elefantino senza nome, nato nello zoo concorrente di Tierpark, a Friedrichsfelde, nell’Est.

Una sfida sul filo del passato, Knut contro l’elefante, il Nord artico contro il Sud africano, ricchi contro poveri, Ovest contro Est. E’ finita come diciotto anni fa, ha vinto Knut e i berlinesi dell’Est si sono dovuti accontentare delle briciole. Ora è la volta di un piccolo ippopotamo, nato ancora una volta allo Zoologischer Garten, lo stesso di Knut. Difficilmente riuscirà a scalzare l’orsetto bianco. Ma è un dato di fatto che la fertilità degli zoo berlinesi è la migliore testimonianza della cura con cui si tengono i giardini zoologici.

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