Studi italiani sull'Europa dell'Est
di Pierluigi Mennitti
[15 giu 07]


La politica estera italiana sembra aver dimenticato la sua sponda orientale europea. A parte gli interessi legati al gas russo, il resto è diventato terra incognita. Eppure, nella graduatoria degli interessi nazionali, le regioni ad est dell’asse che va dal Baltico all’Adriatico sono state tradizionalmente al centro delle nostre politiche. Come la politica, anche l’informazione pare aver steso un velo di silenzio, strappato solo in occasione di crisi più o meno cicliche, dall’Ucraina alla Turchia. Non sappiamo più nulla di cosa accade in Polonia o in Repubblica Ceca, ignoriamo la crescita socio-economica dell’area baltica, restiamo impiglati ad antichi stereotipi quando parliamo di Balcani o Romania. Eppure sul piano degli studi aumentanto gli istituti che si occupano dell’Europa centro-orientale. E, nel silenzio dei recensori, proseguono pubblicazioni anche di pregio, che ci consentono, almeno sul piano culturale, di non perdere il passo di altri paesi concorrenti, Germania in primo luogo.

Uno di questi è l’annuario curato da Stefano Bianchini e Francesco Privitera dell’Istituto dell’Europa centro-orientale e balcanica dell’Università di Bologna, pubblicato dal Mulino. E’ giunto all’edizione 2006 e di anno in anno racconta le transizioni di questa area decisiva per il presente e il futuro politico-economico del nostro paese. Lo studio di quest’anno inquadra una doppia situazione. Quella dei paesi entrati a far parte dell’Unione Europea, che hanno ormai completato la fase più difficile del passaggio dai sistemi totalitari alle democrazie e che sono ormai parte integrante della vita politico-economica del nostro continente. E quella dei nuovi confini europei, i paesi che oggi rappresentano la faglia sismica lungo la quale si gioca ancora la sfida fra mercato e pianificazione, libertà e autoritarismo. La Bielorussia, l’Ucraina, la Turchia (con molti e opportuni distinguo), il Kossovo, la Bosnia, l’Albania e la regione caucasica. Sono queste le nuove frontiere dell’Europa allargata ed è qui che si giocano, ancora in terra europea, partite importanti per i destini loro e nostri. Sarebbe augurabile che le élites italiane – politiche, mediatiche e anche imprenditoriali - tornassero ad occuparsene.

(c) Ideazione.com (2006)
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