La
politica estera italiana sembra aver dimenticato la sua sponda
orientale europea. A parte gli interessi legati al gas russo, il
resto è diventato terra incognita. Eppure, nella graduatoria degli
interessi nazionali, le regioni ad est dell’asse che va dal Baltico
all’Adriatico sono state tradizionalmente al centro delle nostre
politiche. Come la politica, anche l’informazione pare aver steso un
velo di silenzio, strappato solo in occasione di crisi più o meno
cicliche, dall’Ucraina alla Turchia.
Non sappiamo
più nulla di cosa accade in Polonia o in Repubblica Ceca, ignoriamo
la crescita socio-economica dell’area baltica, restiamo impiglati ad
antichi stereotipi quando parliamo di Balcani o Romania. Eppure sul
piano degli studi aumentanto gli istituti che si occupano
dell’Europa centro-orientale. E, nel silenzio dei recensori,
proseguono pubblicazioni anche di pregio, che ci consentono, almeno
sul piano culturale, di non perdere il passo di altri paesi
concorrenti, Germania in primo luogo.
Uno di
questi è l’annuario curato da Stefano Bianchini e Francesco
Privitera dell’Istituto dell’Europa centro-orientale e
balcanica dell’Università di Bologna, pubblicato dal Mulino.
E’ giunto all’edizione 2006 e di anno in anno racconta le
transizioni di questa area decisiva per il presente e il
futuro politico-economico del nostro paese. Lo studio di
quest’anno inquadra una doppia situazione. Quella dei paesi
entrati a far parte dell’Unione Europea, che hanno ormai
completato la fase più difficile del passaggio dai sistemi
totalitari alle democrazie e che sono ormai parte integrante
della vita politico-economica del nostro continente. E
quella dei nuovi confini europei, i paesi che oggi
rappresentano la faglia sismica lungo la quale si gioca
ancora la sfida fra mercato e pianificazione, libertà e
autoritarismo. La Bielorussia, l’Ucraina, la Turchia (con
molti e opportuni distinguo), il Kossovo, la Bosnia,
l’Albania e la regione caucasica. Sono queste le nuove
frontiere dell’Europa allargata ed è qui che si giocano,
ancora in terra europea, partite importanti per i destini
loro e nostri. Sarebbe augurabile che le élites italiane –
politiche, mediatiche e anche imprenditoriali - tornassero
ad occuparsene.
(c)
Ideazione.com (2006)
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