Angela
Merkel è sugli scudi. Il G8 è passato con una nuova consacrazione
per la sua “diplomazia del cardigan”, quel modo sobrio e morbido e
tuttavia efficace di raggiungere compromessi impossibili e di
trasformarli in svolte. Non svolte epocali, perché quelle sono piene
di parole e retorica ma vuote, terribilmente vuote di fatti
concreti. Ma passi in avanti, lenti e costanti, che rilanciano la
“via europea” della trattativa ad oltranza, della tenacia, della
politica, della capacità di adattamento agli altri, dello
smussamento delle asprezze. Il G8 di Heiligendamm s’è concluso con
parziali accordi sul clima, sull’Africa e soprattutto ha rilanciato
il confronto fra Usa e Russia sulla questione dello scudo spaziale.
Poteva essere ricordato come l’ennesimo vertice privo di forma e
sostanza. O quello dei rinnovati scontri con gli autonomi e i black
block. Invece, una volta aperto il sipario sul bunker di
Heiligendamm, la cancelliera ha stretto tutti i protagonisti attorno
a sé e li ha condotti docilmente verso i punti di approdo che la
diplomazia tedesca aveva già predisposto. Laddove i risultati
effettivi sono stati modesti, le dichiarazioni di buona intenzione
promettono risultati futuri. Se poi verranno, si vedrà.
Adesso, tutto è settato sul vertice europeo del 21 e 22 giugno, a Bruxelles, momento di chiusura del semestre di presidenza tedesco. La Germania punta all’accordo su quello che ora viene definito mini-trattato europeo. E’ la vecchia Costituzione, semplificata e compattata, bocciata dai voti referendari di francesi e olandesi, e ora rilanciata dalla tenacia della Merkel e dall’accordo dei grandi paesi storici: Francia, Inghilterra, Italia, Benelux, Spagna. Tutta la Vecchia Europa, stufa dei distinguo e delle prudenze di alcuni nuovi membri dell’Est, anche se poi la Costituzione l’hanno bocciata i cittadini di due capitali “occidentali” come Parigi e Amsterdam. L’accordo non è proprio a portata di mano, Varsavia e Praga promettono battaglia sino all’ultimo, il presidente Kaczynski ha addirittura minacciato di essere pronto ad immolarsi per salvaguardare i privilegi polacchi. Le prossime settimane, dunque, Angela Merkel le trascorrerà ammorbidendo il suo cardigan e provando ad aggiungere una nuova perla alla sua preziosa collana internazionale.
Poi, carica di onori e medaglie, la donna più potente del mondo dovrà tornare in patria e provare a diventare la donna più potente di Germania. Smettere di lucidare la propria persona e l’orgoglio internazionale del paese e provare a restituire un’anima al progetto di Grosse Koalition dal quale, comunque, dipenderanno anche le sue sorti elettorali. La Germania è in pieno boom economico, tutti gli indicatori segnano bel tempo e lo segneranno per i prossimi mesi. Sarebbe il momento giusto per condurre a termine le riforme avviate e impantanate nel confronto infinito e improduttivo nel quale sembrano essere sprofondati i due partner di governo. Molto dipende da lei: all’estero fa faville, in patria tutti ancora si chiedono se riuscirà a diventare grande, perché a volte governare un paese è più difficile che governare il mondo.
(c)
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