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  SATELLITE

Ora la pubblicità
scopre le
virtù di Internet

di Emanuela Poli

Quasi tredicimila sono stati i miliardi investiti in pubblicità in Italia nel 1999, un incremento del 12,3 per cento rispetto all’anno precedente. E il 2000 è partito anche meglio: in gennaio, un mese di tradizionale calma dopo l’abbuffata natalizia di spot e regali, gli investimenti pubblicitari sono continuati ad aumentare, registrando un +15,8 per cento rispetto al gennaio 1999. La parte del leone nell’attrarre investimenti pubblicitari ha continuato a farla la televisione (che assorbe più del 50 per cento degli investimenti), anche se pure i quotidiani e le radio hanno dimostrato un’ottima capacità di attrattiva. Per quanto riguarda gli investitori, invece, i big sono ancora le industrie tradizionali delle automobili e degli alimentari, dietro alle quali si sono però fatte prepotentemente sentire le industrie delle telecomunicazioni, dell’editoria, dei servizi finanziari e le assicurazioni. E’ stata Telecom, infatti, l’azienda che ha investito di più in pubblicità nel 1999: 986 miliardi contro i 798 di Fiat, mentre le oculate e liberatorie scelte di Sun Shonic, il cane degli spot comparativi di Infostrada, sono costate a Olivetti 771 miliardi.

E’ stata proprio la forte pressione esercitata sui media, soprattutto nell’ultimo anno, da parte delle aziende che operano in settori neo-liberalizzati e nei settori dei prodotti telematici ormai di largo consumo a ridurre gli spazi pubblicitari disponibili e a far lievitare i costi delle campagne. In televisione, in particolare, l’investimento minimo richiesto per ottenere una visibilità soddisfacente è stratosferico. Nel 1999, i secondi dedicati alla pubblicità in tv sono aumentati solo dell’1,2 per cento rispetto all’anno precedente, così che la crescita del valore degli investimenti si spiega principalmente con un rincaro dei listini. Basti pensare che quest’anno uno spot da trenta secondi inserito nel primo break pubblicitario all’interno del Festival di Sanremo è arrivato a costare 840 milioni.

Da qui è partita la ricerca di nuovi media su cui investire. Internet offre ancora prezzi molto convenienti e, soprattutto, la possibilità di raggiungere un target di utenza particolarmente evoluto e specializzato. A livello mondiale, le stime dell’Internet Advertising Bureau rivelano che nel 1999 la spesa complessiva per la pubblicità su Internet (banner e sponsorizzazioni) ha raggiunto gli 8 mila miliardi di lire. Negli Usa il fatturato delle concessionarie on-line ha registrato lo scorso anno una crescita del 400 per cento. In Italia gli investimenti sono stati intorno ai 54 miliardi, in forte incremento rispetto ai 15 del 1998 e ai 3 del 1997. Nel 2000 le cifre sembrano destinate a superare i 150 miliardi. Persino in Francia, con grande scandalo dei difensori dell’industria cinematografica nazionale, sembra che già da quest’anno gli investimenti pubblicitari su Internet saranno superiori a quelli effettuati nei cinema.

In un circolo virtuoso ormai inarrestabile, la pubblicità on-line è distintamente dominata dalle aziende della cosiddetta new economy: finanza, telecomunicazioni, computer e new media hanno insieme assorbito il 65 per cento degli investimenti pubblicitari italiani su Internet nel 1999. Al settore automobilistico, grande investitore sui media tradizionali, solo il 9. Ma anche lì le cose stanno cambiando: a fine gennaio Pirelli ha lanciato il suo nuovo spettacolare spot - protagonista assoluto il pneumatico, niente testimonials, solo effetti speciali in scenario Far West - prima su Internet e poi, alcuni giorni dopo, in tv.

In America, nuovi strumenti pubblicitari on-line sono già in azione. Le compagnie pubblicitarie Extrsalary.com e Alladvantage, ad esempio, pagano chi accetta di ricevere pubblicità via Internet. Sta all’utente, quando si collega, decidere se vuole o meno ricevere gli spot che, a intervalli regolari, compaiono su una parte del suo schermo. Intanto, il credito si accumula: mezzo dollaro all’ora, liquidati al raggiungimento di 100 dollari. Ulteriori soldi si incassano nel caso si riesca a procurare nuovi clienti o si accetti di ricevere e leggere e-mail contenenti messaggi pubblicitari. L’efficacia delle e-mail aumenta al crescere delle informazioni che la compagnia pubblicitaria ha sull’utente, sui suoi interessi ricreativi e di acquisto: potenzialmente, Internet può essere lo strumento che consente la distribuzione di pacchetti di spot completamente personalizzati, consigli per gli acquisti veramente mirati ai clienti giusti e non ad un pubblico generalista come quello televisivo che dimentica lo spot appena visto dopo due secondi che è finito. Che la pubblicità trovi nuovi sbocchi oltre a quelli televisivi è certamente buona notizia: per le aziende, per le concessionarie, per le agenzie dei creativi, per i consumatori e anche per tutti quelli che non ne possono più dell’isteria che sembra travolgere la nazione quando le due parole “spot” e “televisione”, per un motivo o per l’altro, fatalmente si incontrano.

emanuelapoli@hotmail.com

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