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  PARLAMENTO

Così l'erario
paga gli spot
di Palazzo Chigi

di Cristina Missiroli

Se la pubblicità è l’anima del commercio, la propaganda è l’essenza stessa della politica. Questo è almeno quel che credono Massimo D’Alema e il suo entourage che nel corso del 1999 non hanno lesinato in quanto a spot pubblicitari sull’operato del governo. Naturalmente tutti a spese del contribuente. Così, proprio in concomitanza dell’entrata in vigore della par condicio, un folto gruppo di deputati di Forza Italia ha fatto i conti in tasca alla macchina pubblicitaria di Palazzo Chigi (sempre mascherata da informazione istituzionale) e ha ufficialmente sollevato il problema con un’interpellanza urgente (n. 2-02304). Nel documento che porta come prima firma il nome del presidente del gruppo azzurro alla Camera Giuseppe Pisanu, si chiede “se il governo intenda astenersi da ogni ulteriore opera di propaganda radiotelevisiva, giornalistica, postale, telematica, quantomeno durante le prossime campagne elettorali e referendarie, in modo da eliminare anche il semplice sospetto che la competizione tra forze di maggioranza e d’opposizione si svolga in modo sleale e compromettente la genuinità del risultato”.

Ma vediamo nel dettaglio l’analisi elaborata da Forza Italia sulla propaganda del governo. Si legge nell’interpellanza: “Dal 1° gennaio 1999 il governo, ovvero la presidenza del consiglio dei ministri attraverso i comitati e gli organismi da essa dipendenti, ed alcuni ministeri hanno trasmesso ben 3.806 spot, dei quali 3.574 televisivi e 232 radiofonici (…) Nel 1999 sono andate in onda 53 campagne di spot, delle quali 11 sono state trasmesse anche nei 45 giorni precedenti le elezione europee”. I deputati azzurri fanno poi alcuni esempi: “La campagna sul Patto per lo sviluppo e l’occupazione è andata in onda dal 28 maggio al 12 giugno 1999, con 64 passaggi di spot da 32 secondi ed ha propagandato un’operazione totalmente fallita, per giunta in periodo elettorale per sfruttare il ben noto effetto annuncio”. Lo stesso vale per la Missione Arcobaleno che doveva essere fiore all’occhiello del governo e che poi è finita come tutti sanno.

Ma non di soli spot vive la propaganda dalemiana. Si legge ancora nell’interpellanza: “Nella trasmissione Telecamere del 5 marzo 2000, su Raitre, la giornalista Anna La Rosa ha affermato che il presidente del consiglio ha già inviato a circa trentamila imprenditori dell’edilizia e delle costruzioni una lettera che illustra o magari propaganda gli interventi del governo nel settore (e ha preannunciato che altre centinaia di migliaia di lettere sono in preparazione per essere spedite dal governo alle persone interessate di altri settori della società e dell’economia”. Molto meglio (e ben più economico) di un tradizionale mailing elettorale. Con effetti moltiplicati dalla mancanza di concorrenza dovuta alle restrizioni della legge sulla par condicio.

missiroli@opinione.it