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  CINEMA

Desert Storm, la
guerra individuale
dei tre re nichilisti

di Luciano Lanna

I tre re del titolo non sono i sapienti che seguendo la cometa arrivarono fino a Betlemme, ma tre militari disincantati e profondamente nichilisti che motivati dalla ricerca di denaro facile finiscono per salvare la vita a un gruppo di profughi. Il teatro dell’azione è comunque lo stesso: la terra dei Caldei, quella Mesopotamia che nello scenario di fine Novecento acquista le sembianze dell’Iraq di Saddam Hussein. Siamo nel marzo del ’91, la guerra del Golfo si è conclusa con l’armistizio e alcuni soldati americani ritrovano una mappa con le indicazioni di un tesoro rubato dal dittatore iracheno agli sceicchi del Kuwait. Quattro militari si avventurano in proprio per tentare il colpaccio di fine Guerra del Golfo. Ma la passeggiata nel deserto si rivela un’odissea e una rivelazione. In un colpo cadono il bianco e nero della propaganda e delle facili ideologie. Nel contesto di un conflitto in cui contano più le riprese delle emittenti televisive che i combattimenti reali, la pace rivela una guerra di tutti contro tutti: militari iracheni alleati inconsapevoli con gli americani in un complesso gioco delle parti, una popolazione civile provata prima dai bombardamenti alleati e poi dalle rappresaglie di Saddam, un lotta per la sopravvivenza in cui quello che conta è solo il salvarsi la pelle e sopravvivere.

In uno dei dialoghi chiave della storia, uno dei tre protagonisti chiede al maggiore, magnificamente interpretato da George Clooney: «Ma qual è il valore che conta di più nella vita?». E la risposta è davvero esplicativa: «Non il rispetto, che dipende dal prossimo che ti trovi davanti. Non l’amore, che fa troppo Hollywood. Ma la necessità». E la coralità di individui che incontriamo nelle due ore del film agiscono mossi dalla necessità del momento. Così fa il soldato iracheno che si fa torturatore per vendicarsi del suo bambino morto sotto i borbardamenti yankee, così l’iracheno ribelle che ha perso la moglie per mano degli uomini di Saddam, così i disincantati speculatori del deserto che si vendono le auto degli sceicchi, del tutto indifferenti alle promesse di benessere della pax americana. Il regista non nasconde un suo omaggio al grande cinema di John Milius e alla visione di una “guerra individuale” che si inserisce dentro ogni teatro di guerra militare: quella che da Apocalipse now ad Addio al Re è rappresentata come “ciò che conta”. Per tutti i personaggi della vicenda sarebbe infatti più che calzante la frase milusiana: «Cosa conta per me nella vita? La mia famiglia, i miei amici, la mia salute, il mio onore».

Interessante l’innovazione delle immagini endoscopiche e davvero memorabile la scena dell’assalto al bunker iracheno con le auto degli sceicchi al ritmo soft di “If you live me now” dei Chicago. Il montaggio stile Mtv rende poi la storia molto in sintonia con lo spirito delle guerre postmoderne. Non poteva mancare la guerra private tra le due videogiornaliste. Il doppio finale rende infine un colpo al cerchio e uno la botte, con l’eroismo “loro malgrado” dei tre protagonisti che riescono a far passare la frontiera ai profughi e lo scenario postbellico di successo individuale in stile “new economy”. Nel triste panorama di questi tempi, un film che assicura spettacolo e divertimento.

lucianolanna@hotmail.com

Three Kings,  di David O. Russell
Con George Clooney, Mark Wahlberg, Ice Cube, Spike Konze.  Usa, 1999

 

THREE KINGS
(il sito
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-kings.com

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