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  SOUTH PARK

Provaci ancora, Jim.
Anti federali nel
paese dei cow boy

di Carlo Stagnaro

Il Texas ci riprova. E' da anni che in quelle assolate terre dove ancora esistono i cow boy si parla di indipendenza. Il Texas è una delle "fortezze" del sudismo più spinto: qui i diritti degli Stati sono pane quotidiano, qui il governo federale è peggio del demonio. Cioè dei comunisti, che col demonio vanno a nozze: perché di liberal, in Texas, ce ne sono proprio pochini. I Democratici hanno un buon sostegno da parte delle folte minoranze. Ma solo in cambio di leggi corporative e della promozione di cose che suonano male solo a dirle, come l'affirmative action e tutta quella roba lì. Più voto di scambio che consonanza politica, dunque. Tanto per dire della "simpatia" di cui godono i federali (che non hanno ancora recuperato la popolarità persa durante l'assedio a Waco nel 1993), liggù vale ancora il detto: "Per capire se un federale sta mentendo, è sufficiente guardare se muove le labbra".

Fatto sta che ci riprovano: questa volta sotto l'etichetta del Texas Liberation Front, il cui meeting si è svolto lo scorso fine settimana. Lo scopo del Fronte di Liberazione, comunque, è quello di coordinare i numerosi gruppi esistenti. Gruppi i cui nomi sono già un programma: il Republic of Texas Provisional Government (i cui esponenti entrano ed escono di galera con vari capi d'accusa, mai una volta, però, reati "veri", cioè azioni aggressive nei confronti di individui pacifici), la Texas Constitutional Militia, passando per le United Texas Militia Forces, Texas Constitution 2000, Texas Sovereignty Group, East Texas Militia, e via con etichette che sono musica per le orecchie dei sovversivi. Si tratta di formazioni che, come di prammatica, si guardano in cagnesco l'una con l'altra e, almeno fino a ieri, consideravano il governo di Washington come il peggior nemico dei texani, preceduto solo dalle loro consorelle. Forse stavolta cambia qualcosa?

Difficile dirlo. Certo è che il pirotecnico Jim Davidson, organizzatore di tutto l'ambaradàn, sta sudando sette camicie. L'ordine del giorno è stato a dir poco poderoso. Si è parlato dei "prigionieri politici e di guerra" (loro li chiamano così) e della via da seguire per tirarli fuori di galera prima che siano marciti. Si è parlato di tattica e strategia politica, di rapporti coi cittadini del Texas e con le istituzioni statali e federali. Ma soprattutto, ultimo punto della lista ma più importante di tutto, si discuterà di che forma dare all'auspicato coordinamento. Vale a dire quel famoso "l'unione fa la forza" che i conservatori sembrano non avere ancora capito cosa significhi. Nel rispetto, naturalmente, di un minimo di coerenza e di chiarezza di intenti. Il bravo Davidson suggerisce di fare una capatina sul suo nuovo sito, www.TexasSovereignty.org, "perché l'uomo saggio costruisce la propria casa sulla roccia", direttamente dal Vangelo Secondo Matteo sui nostri schermi. Di questi texani si può dire tutto il male possibile, ma non che pecchino in determinazione o simpatia. E tutto sommato se il loro progetto andasse in porto sarebbe un bene anche per noi. Avremmo un bel posto in cui scappare.