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  EUROPA

Ma senza euroscettici
la moneta europea
può iniziare a volare

di Giuseppe Sacco

Di tanto in tanto, il sistema democratico riserva qualche brutta sorpresa a chi crede che i popoli possano essere usati come pedine su una scacchiera. Per costoro non è infatti stata una buona notizia la decisione dei danesi di non far aderire il loro paese all'euro. L'allargamento della cosiddetta Eurolandia alla Danimarca era un passaggio politicamente obbligato per portare nella moneta unica il principale avversario del processo di unificazione, la Gran Bretagna, assieme ad un altro paese profondamente anti-europeo, la Svezia. E tutto ciò al fine di diluire talmente il blocco dei paesi che partecipano con convinzione all'impresa, da rendere impossibile ogni ulteriore passo sulla via di quella integrazione più profonda che della moneta unica costituisce la base indispensabile. In particolare, avrebbe dovuto rendere impossibile il coordinamento delle politiche economiche, la cui mancanza - come ormai da tutti riconosciuto - è la causa principale delle difficoltà incontrate dall'euro.

Questa strategia ostile non è nuova, e viene applica sia all'Euro-12 che all'Unione Europea in generale. I nemici dell'Europa unita - di cui la signora Thatcher è stata l'espressione più virulenta, ma è lungi dall'essere l'unica nel mondo anglosassone - seguono questa linea sin dagli anni Sessanta, cioé da quando gli inglesi, resisi conto che era impossibile impedire dall'esterno il successo del Mercato comune, decisero di entrarvi per condizionarlo dall'interno. Bloccati per un decennio dal coraggioso veto posto dal generale de Gaulle, ma ammessi dopo la sua scomparsa, si sono da allora sistematicamente dedicati non solo a occupare tutte le posizioni burocratiche più importanti, a condizionare politicamente la Commissione, ed a svilire in ogni possibile modo l'azione del Parlamento, ma anche a cercare di far entrare nell'Unione quanti più paesi e quanto più diversi possibile, in modo da rendere l'integrazione difficilissima, se non del tutto impraticabile. A questo fine, dopo l'ammissione nella Ue di Svezia e Danimarca, vengono oggi spinti avanti - per ridurre l'Unione ad una babele con una trentina di membri - i paesi ex-comunisti, per la cui ammissione è francamente strano che tanto si impegni lo stesso Prodi. La Turchia, poi, con la sua enorme diversità civile, demografica e culturale, è lo strumento ideale per bloccare completamente il processo europeo.

La "cooperazione rafforzata", cioé l'Europa "a due velocità" è - naturalmente - una reazione a questa strategia da parte dei paesi decisi ad andare avanti comunque nel processo di unificazione. E in particolare lo è l'accordo per la Moneta unica. E' per questo - per indebolirlo - che anche all'Euro-12 si tenta di far aderire quanti più paesi euroscettici possibile. Oggi, col referendum danese, questa strategia subisce una severa battuta d'arresto. I danesi, comportandosi come cittadini di una nazione sovrana e non come semplici pedine, hanno fatto di testa loro e, da buoni anti-europeisti, hanno votato no. Così facendo, però, hanno reso molto più difficile il gioco dei finti europeisti ed hanno, per di più, rafforzato in Inghilterra lo schieramento ostile ad ogni compromesso con Bruxelles, che trova troppo rischioso il disegno di "aderire per diluire", o che non lo capisce, dato che Tony Blair non può enunciarlo in termini espliciti.

Insomma, grazie agli elettori danesi, che hanno sonoramente bocciato le piccole astuzie diplomatiche del loro governo di centrosinistra, la situazione in Europa è oggi assai più chiara. I paesi di Eurolandia potranno ora procedere con meno ostacoli sulla strada del coordinamento delle politiche economiche e fiscali, e quindi della piena e vera unità monetaria, senza il costante sabotaggio dall'interno che avrebbero altrimenti incontrato. Non a caso i mercati valutari non hanno reagito in maniera negativa al risultato del referendum. Perché questo, se a prima vista appare come un ulteriore schiaffo al prestigio della moneta unica, a più lungo termine apre uno spiraglio favorevole ad un Euro in grado di riflettere fedelmente non solo le inevitabili difficoltà iniziali della nuova moneta, ma anche la sostanziale solidità economica degli Euro-12, e la loro aspirazione ad un destino comune.

g.sacco@usa.net