...

 

  SATELLITE

Rai, alla sinistra
privatizzare
non piace più

di Emanuela Poli

Giace da tempo immemorabile alla commissione Lavori Pubblici del Senato un disegno di legge, noto come il Ddl 1138, sul riordino del sistema radiotelevisivo. Il "1138" si occupa di interruzioni pubblicitarie, di emittenza locale, di disposizioni antitrust, di introduzione del digitale terrestre e, soprattutto, di riforma della Rai. Si sa che in Italia le leggi sul sistema televisivo hanno in genere una gestazione di una decina di anni, ma in questo caso c'è un po' di fretta. Non solo perché di fretta ne ha la maggioranza di governo, desiderosa di portare a casa la riforma prima della fine della legislatura, ma anche perché, dopo la liquidazione dell'Iri, azionista di Rai al 99 per cento, sarebbe gradito sapere chi diventa l'azionista del servizio pubblico (al momento le azioni sono temporaneamente affidate al Tesoro e poiché il ministro del Tesoro è parte del Governo sarebbe come a dire che oggi la Rai risponde al Governo e non al Parlamento!). 

La proposta avanzata la scorsa settimana dal relatore del "1138", il senatore Ds Petruccioli, prevede che la Rai venga retta da una holding pubblica (ma non è chiaro se il Tesoro sarebbe l'unico azionista) la quale, da un alto, controllerà al 100 per cento la società che gestirà Rai3, cioè la rete che offrirà solo programmi di servizio pubblico interamente finanziati dal canone, e, dall'altro, parteciperà, insieme ai privati, alla società che gestirà Rai1 e Rai2, reti che saranno finanziate anche dalla pubblicità. Sull'entità della partecipazione dei privati, però, è scontro aperto, soprattutto all'interno della maggioranza. C'è chi invoca garanzie a tutela del mantenimento di un azionariato diffuso, chi non vuole una partecipazione dei privati superiore al 49 per cento (il premier Amato), chi non vuole privatizzare affatto, come il Prc o come Pier Luigi Celli - ma c'è da capirlo, è il direttore generale - il quale ritiene sia meglio "continuare ad avere l'ombra della pressione politica" (sic) piuttosto che "ridimensionare la Rai attraverso la privatizzazione a tutto vantaggio delle reti private" - e qui francamente non lo seguiamo più. 

Intanto la Rai ha fatto cautamente marcia indietro su una quotazione in Borsa che era già stata mezza annunciata, quella di Radiorai (con rammarico di Cesare Romiti che si era esplicitamente fatto avanti), mentre ostacoli sembrano arrivare dalla Commissione europea per la quotazione, fortemente voluta dal Presidente Zaccaria, della subholding Rai New Media, quella che riunisce le società (Rainet e Raisat) che si occupano delle attività internet e satellitari di Rai. Le due società si avvalgono infatti dei contenuti delle Teche Rai, quelle migliaia di ore di programmazione televisiva che erano state finanziate in via esclusiva per i lunghi anni del monopolio televisivo dal canone pubblico e che ora, digitalizzate, possono essere trasmesse su reti satellitari o su reti internet. Portare sul mercato e commercializzare questi contenuti già finanziati dal canone equivarrebbe, secondo la direzione generale della concorrenza della Commissione europea, ad una distorsione del mercato e ad un uso improprio delle risorse pubbliche.

E' chiaro che la Rai preme per fare cassa là dove è meno rischioso per il suo futuro aziendale e quindi punta a portare in Borsa i preziosi contenuti audiovisivi di cui dispone, che fanno gola agli operatori satellitari, alle nuove televisioni che trasmetteranno sulla fibra ottica (come quella di e-Biscom) e anche agli operatori venturi dell'Umts. L'entrata di nuovi capitali è peraltro essenziale in un momento in cui la Rai si appresta ad un grande esborso finanziario finalizzato a coprire i costi della digitalizzazione delle proprie infrastrutture di trasmissione in vista dell'arrivo del digitale terrestre, che lo stesso Ddl 1138 prevede per il 2006. Ma della prospettiva di fare entrare i privati nella gestione "a monte" di due delle tre reti, la dirigenza Rai non sembra altrettanto entusiasta. E dire che di tempo per abituarsi all'idea ne hanno avuto: il referendum sulla privatizzazione della Rai risale al 1995. Insomma, il dibattito sulla privatizzazione è ormai incandescente ma il percorso del "1138" sembra essere ancora molto lungo. A conti fatti, la fine di una legislatura non è il tempo migliore per decisioni rapide su temi di tale portata. Prepariamoci ad assistere ancora per molti mesi alle mille contorsioni del mondo politico e del mondo Rai e a mille altre interviste ai soliti Michele Santoro, Pippo Baudo e Serena Dandini, fari illuminanti del riassetto del sistema radiotelevisivo italiano.

emanuelapoli@hotmail.com

 

RAI
(il sito
ufficiale)

www.rai.it

TECHE
(nell'occhio
della
commissione
europea)

www.teche.rai.it