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  USA 2000: LO SPRINT FINALE

Esteri, la dottrina Bush-Powell

di Giuseppe Mancini

La politica estera non è terreno di scontro in questa campagna presidenziale. Innanzitutto, perché l'elettorato americano - a parte i momenti di crisi globale - è tradizionalmente poco sensibile ai problemi internazionali; inoltre, perché le differenze tra Gore e Bush sembrano comunque poco significative, sfumature di una sostanziale condivisione di quello che dovrebbe essere il ruolo degli Stati Uniti nel mondo. In realtà, tali differenze sono più marcate di quanto non appaia: riguardano non solo singoli problemi (i rapporti con Cina e Russia, il disarmo, le forze armate), ma il modo stesso di concepire la politica estera. Da una parte, l'insanabile contrasto tra aspirazioni universali ed interessi particolari, ossia l'eredità della gestione Clinton, che ha finito per aggiungere contraddizioni e turbolenze ad un mondo che dalla caduta del muro di Berlino si trova in una fase di disorientato mutamento; dall'altra, una maggiore attenzione per l'interesse nazionale, per la geopolitica, per la sicurezza militare: i valori universali come il naturale prodotto di una stabilità sistemica da ritrovare.

Per essere più chiari, non crediamo che la dicotomia democratici-interventisti, repubblicani-isolazionisti abbia ancora un senso - se mai lo ha avuto. Primo, perché la politica estera del prossimo quadriennio sarà determinata da numerose componenti fuori dal controllo del nuovo presidente e del suo staff: le scelte politiche del predecessore, la composizione politica del Congresso, i rapporti di forza su scala globale, le circostanze; secondo, perché l'impegno internazionale degli Stati Uniti - potenza egemone nel mondo unipolare - non è più in discussione: è la natura di questo impegno a variare sensibilmente. In epoca di incontrastato libero-scambismo, con l'opzione protezionista confinata in frange marginali dell'élite politica e dell'opinione pubblica, la stabilità del sistema internazionale è necessaria affinché l'economia statunitense continui la sua portentosa espansione, trainando il resto del mondo verso il mercato e le istituzioni democratiche. L'ubiquo e non selettivo interventismo "umanitario" dell'era Clinton ha trasformato isolati focolai di crisi in fattori di instabilità di lungo periodo (la guerra del Kosovo ne è l'esempio più evidente): Gore non si discosterebbe da questa linea. Condoleeza Rice, consigliere di Bush per la politica estera, al contrario, ha già esplicitamente dichiarato "che si farà ricorso alla forza militare solo in quelle occasioni particolari in cui importanti interessi americani saranno in gioco (…); le forze armate degli Stati Uniti non sono una forza di polizia globale, non sono il 911 [numero d'emergenza] del mondo". La dottrina Powell, insomma.

Non è compito esclusivo degli Stati Uniti il mantenimento della stabilità internazionale, sostengono dunque i repubblicani. Inoltre, questo ruolo non può essere assunto dalle organizzazioni internazionali, assolutamente inadeguate a compiti operativi. La conseguenza implicita di questa visione delle relazioni internazionali è che verrebbe a crearsi un invitante spazio di manovra per le potenze regionali: Unione Europea, Nigeria, Repubblica Sudafricana, Australia, Russia, Cina, Iran. Una sorta di divisione internazionale del lavoro militare, quindi, in cui gli Stati Uniti agiscono in prima persona solo quando il loro intervento è indispensabile e compatibile con i propri interessi politici e strategici, mentre nella maggioranza dei casi lascerebbero l'iniziativa a chi ha maggiori interessi in gioco. Nel mondo disegnato dai repubblicani, in sostanza, gli Stati Uniti avrebbero bisogno della collaborazione di altri attori politici. Tuttavia, la politica dell'amministrazione repubblicana verso le tre maggiori potenze regionali - Russia, Cina e Iran - sarebbe improntata con tutta probabilità al confronto duro piuttosto che alla cooperazione. E' questa l'incongruenza che Bush ed i suoi collaboratori, per evitare i disastri provocati dalla dottrina Clinton, dovranno risolvere.

giuse.mancini@libero.it

 

POLITICA
ESTERA
E PRESIDENZIALI
2000

(pubblicazione
del Dipartimento
di Stato)

www.usinfo.
state.gov/
journals/
journals.htm

LA POLITICA
ESTERA
DI GORE

(conferenza
all'American
Enterprise
Institute)

www.aei.org/
past_event/
conf0614.htm

LA POLITICA
ESTERA
DI BUSH

(conferenza
all'American
Enterprise
Institute)

www.aei.org/
past_event/
conf0622.htm

FOREIGN
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(portale
su politica
estera e
presidenziali
2000)

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