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  CINEMA

I demoni di Morin,
l'intellettuale
della complessità

di Piero Dominici

Ne "I miei demoni" Edgar Morin riesce con la consueta maestria e capacità divulgativa a fondere insieme cultura e vita, racconto autobiografico ed analisi storico-sociale degli eventi. Tra le figure più prestigiose del pensiero contemporaneo lo scrittore francese rappresenta evidentemente quel tipo ideale di intellettuale difficilmente etichettabile o gestibile dalla politica. Una riflessione la sua vissuta come continuo superamento delle certezze acquisite, degli stereotipi ideologici e culturali, attraverso il dubbio e lo studio interdisciplinare inteso come continua ricerca di analogie tra le diverse province di significato del sapere. Il percorso intellettuale di questo insigne studioso di origine ebraica, nato a Parigi nel 1921, si è sempre contraddistinto per la grande onestà e la mancanza di ipocrisia: egli infatti non ha esitato a riconoscere senza mezzi termini l'errore di aver fatto parte del Partito comunista - dal quale venne espulso nel 1951, perché considerato "non ortodosso" - e di essersi costruito lui stesso una grande illusione "Non ho preteso di possedere la verità, ma sono stato sempre ossessionato dall'errore e dalla cecità; il che tuttavia non mi ha impedito di commettere errori, in particolare quando nel pieno della Seconda guerra mondiale, ho aderito al comunismo.

Una volta riacquistata la vista, a differenza dei tanti che si sono dichiarati vittime della menzogna staliniana ho capito che ero stato io ad accecarmi, perché mi ero nascosto quel che sapevo bene e ne avevo elaborato diverse razionalizzazioni". Direttore del Centre National de la Recherche scientifique, Morin si è segnalato tra le altre cose per la poliedricità dei suoi interessi, testimoniata da opere molto importanti ed innovative riguardanti l'epistemologia delle scienze umane (fondamentale Il metodo del 1977) o l'analisi dei fenomeni socio-culturali (cfr. l'Industria culturale del 1962); analisi che ha condotto ribellandosi ancora una volta allo snobismo degli intellettuali organici che vedevano l'industria culturale come un grande apparato volto esclusivamente alla riproduzione del consenso. Morin si conferma estremamente abile nel mettere in discussione le tradizionali categorie interpretative della realtà. "Dubbio", "fede", "razionalità" e "misticismo" rappresentano i suoi demoni, le forze esteriori che hanno preso possesso della sua interiorità e ne condizionano l'esistenza. La lotta senza vincitori tra i demoni ha garantito a Morin la libertà e l'ha portato a considerare fondamentale l'istanza di un'auto-etica o, per meglio dire, di un'etica della comprensione.

Il sociologo e filosofo francese pone sempre al centro della sua riflessione la dimensione della "complessità", andando continuamente alla ricerca di una verità basata sul riconoscimento delle contraddizioni, cercando di uscire da tutte le "gabbie" ideologiche e intuendo l'indissolubile legame tra "natura" e "cultura". I demoni moriniani sono allo stesso tempo in rapporto di antagonismo e di compenetrazione e non a caso Morin stesso riconosce a Hegel il grande merito di avergli mostrato "il pensiero che accetta ed assume la contraddizione, si sviluppa attraverso l'antagonismo permanente delle idee, ritrovando sempre, ad ogni superamento, un nuovo antagonismo". La razionalità, nello sforzo incessante di comprendere il reale, deve in altri termini prendere atto dell'ineluttabilità delle contraddizioni insite nel processo conoscitivo e nella realtà stessa.

p.dominici@tiscalinet.it

Edgard Morin, I miei demoni, Meltemi, Roma 1999, pag. 255, lire 32.000