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  IL FRANCO BEVITORE

Quando il terroir si
impone sul vitigno
regalandoci un Soris

di Franco Ziliani 

Sebbene la stampa ed i consumatori stranieri anche più scettici ed esigenti siano convinti che l'Italia possa essere considerata a pieno merito come uno dei migliori paesi produttori di vini rossi, permane un certo scetticismo sulla capacità di ripeterci agli stessi livelli in materia di vini bianchi. Un grande vino bianco italiano lo si sta ancora aspettando, ma come dovrà essere e con quali caratteristiche non è ancora chiaro. Non sappiamo se sarà espressione di uno dei non molti vitigni autoctoni di sicura caratura (Verdicchio piuttosto che Garganega, Grechetto, Vermentino o Greco) del nostro ricchissimo patrimonio ampelografico, oppure figlio dei molti e più noti vitigni internazionali che in epoche diverse, da cent'anni sino a due lustri orsono, sono stati introdotti nelle varie regioni vinicole.

Nell'attesa di capirne l'identità, l'unico elemento in grado di fare realmente la differenza, è rappresentato dal fattore "terroir". Non importa pertanto se un vino bianco sia autoctono di origine o internazionale per vitigno, se venga vinificato in acciaio oppure in legno, purché riesca a dimostrarsi unico, autentico, dotato di un accento personale che porti in primo piano il territorio di origine, le sue caratteristiche microclimatiche e ambientali, in altre parole, come dicono in Bourgogne, l'esprit del "lieu-dit". Un simile vino, anche in una regione come il Friuli, dotata di zone particolarmente vocate come il Collio e i Colli orientali, non è facile da trovare, ma un grande, autentico Chardonnay, dotato di un carattere tanto spiccato da emergere immediatamente al primo impatto, e di provocare una vera e propria trasfigurazione dell'aspetto varietale, grazie ad un terroir di alta personalità, viene da alcuni anni prodotto a San Lorenzo Isontino da Pierpaolo Pecorari, produttore considerato giustamente tra i principali portabandiera della Doc Isonzo, ma tanto critico verso una gestione che fa dell'Isonzo il "parente povero" del più potente Collio, da rinunciare alla Doc per proporre le sue più pregiate riserve come vini ad indicazione geografica tipica Venezia Giulia.

Battezzato con un nome che riprende il toponimo dialettale del luogo dove è situato il vigneto di origine, ("campo del sorriso"), il Soris è un vino fuoriclasse che nasce da un vigneto di 25 anni di età allevato con sistema guyot doppio con 5500 piante per ettaro, con rese per ettaro bassissime, e viene affinato, ormai da una diecina d'anni, in tonneaux da 500 litri più vicini alla tradizionale botte friulana da 600-700 litri della barrique e in grado di consentire durante i dieci mesi di permanenza un rapporto legno vino più equilibrato. Portato al naso il bicchiere (del 1998 attualmente in commercio, e, in proiezione futura, del 1999 assaggiato in anteprima) si viene immediatamente colpiti dall'assoluta originalità dello spettro aromatico, che non è quello solito degli Chardonnay affinati in legno con il consueto e noioso repertorio di note di nocciola, burro, vaniglia, frutti esotici più o meno maturi, ma un elegantissimo carattere minerale di pietra focaia e di selce che richiama in causa il tipo di terreno, ciottoloso e povero, dove è collocato il vigneto. Questa finezza assolutamente borgognona trova poi completamento e realizzazione coerente in una bocca che si apre piena, lunga, ricca, in una cornice di armonia, di sapidità nervosa, di grande carattere, di perfetta corrispondenza naso-bocca, di un modo di porsi del vino che affascina e conquista per la compostezza, la ricchezza di sfumature che un palato attento riesce a cogliere in sequenza.

bubwine@hotmail.com

Azienda agricola Pierpaolo Pecorari, San Lorenzo Isontino (Go), tel. e fax 0481 808775, lire 20.000.

 

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York Times un
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