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  PUGLIA

L'orgoglio ritrovato
alla base della
rinascita pugliese

di Alessandro Napoli

Magari disponessi di tempo a sufficienza o, a difetto, di ghost writers: mi piacerebbe scrivere o ispirare la scrittura di un saggio di largo consumo del genere di quello firmato dall'amministratore delegato di Enel. Solo che non mi occuperei tanto di Puglia quanto piuttosto di Italia. Sono infatti convinto che se "la Puglia non è la California" (West Coast) e neppure la Georgia o la Florida (Sun Belt) è perché l'Italia non è gli Usa. Affermazione che riporta a una serie di considerazioni possibili su un paese che nel suo profondo possiede risorse di creatività e innovazione in dosi ben maggiori di Francia e Germania e su livelli quasi nordamericani, che non possono però agilmente sforare una banchisa di regole il cui scongelamento viene ricorrentemente annunciato e ricorrentemente rinviato. Un paese che assomiglia a un promettente scattista a cui si imponga di avanzare in catene o nel migliore dei casi su una sedia a rotelle. Possibilmente da azionare a mano: un motorino sarebbe troppo comodo. Se così stanno le cose, non c'è troppo da meravigliarsi se la Puglia non è una California, ma neppure se l'Alto Adige-Sud Tirolo non è il Colorado di Aspen. Siamo di fronte a una questione nazionale: da Bolzano a Ragusa c'è da rompere tante ingessature e da affermare il principio di sussidiarietà, non solo in senso "verticale" ma prima e ancor più "orizzontale". 

Voltiamo pagina e veniamo piu' direttamente alla Puglia senza inseguire paragoni con modelli di qualsivoglia natura. Che questa regione esibisca positive anomalie rispetto al quadro meridionale è cosa nota. Fra le più rilevanti, una significativa apertura alla concorrenza, testimoniata da una percentuale delle esportazioni sul Pil ben al di sopra della media del Sud. Importanti anche un tasso di disoccupazione di quattro punti percentuali al di sotto di quello calcolato su base meridionale, una esuberante natalità imprenditoriale, fenomeni di concentrazione territoriale di imprese che danno luogo a una organizzazione della produzione non dissimile da quella dei distretti del Centro-Nordest. Se si scende sul terreno, le anomalie positive si colgono anche visivamente, ad esempio viaggiando all'interno del "Triangolo del salotto" (Santeramo-Altamura-Matera), al confine con la Basilicata, nel distretto barese dell'"automotive", dentro effervescenti concentrazioni di piccole imprese del tessile-abbigliamento o della calzatura che si incontrano in diversi angoli delle province di Bari e di Lecce. Si colgono osservando il dinamismo dei porti, potenziali piattaforme logistiche collocate al centro di flussi internazionali di merci. Si colgono nei buoni risultati recenti di settori come la chimica o l'aeronautica e nei processi di valorizzazione di produzioni agricole tipiche.

In che direzione si muove la Puglia? Quella delle dinamiche attese è altra questione. Ciò non toglie che elementi incoraggianti non manchino. Pensiamo alla dinamica sostenuta degli investimenti in macchinari e impianti o alla ripresa della domanda di lavoro. C'è poi una dimensione che sfugge a valutazioni meramente quantitative, e sta nella rinascita della vita civile e nel miglioramento della qualità della vita nei centri storici, persino delle città maggiori. A cominciare da quello di Bari, in parte restaurato e tornato a essere luminoso e animato anche durante le ore della notte. Dove fino a pochi anni fa c'era buio e silenzio ora ci sono feste di piazza e manifestazioni culturali e mondane. Accade un po' dappertutto, e non solo in luoghi come Trani, Ostuni, Otranto, ma anche nei centri minori. 

La Puglia riprende a credere in se stessa e trasmette un'immagine positiva all'esterno. Non a caso, dopo anni di marginalità l'industria turistica della regione ha preso a crescere, a confrontarsi con mercati internazionali, a rispondere attivamente alle sollecitazioni della domanda. Non a caso hanno ripreso a investire in Puglia imprese industriali e del terziario avanzato settentrionali e estere. Restano in piedi molti di quei nodi che "strutturalmente" (bruttissima parola) soffocano la vita di questa regione. Ma il futuro della Puglia non è solo nelle mani dei pugliesi; dipende anche da quale strada imboccheranno le cose a Roma. Non è tanto questione di quantità di risorse pubbliche, quanto di cancellazione di norme e procedure che puniscono chi intraprende e lavora, di "smontaggio" di quella cornice di regole che fa sì che l'Italia tutta sia un paese "bloccato". E che la Puglia stessa resti "bloccata".

snapol@tin.it