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  COMMENTI

D'Antoni e il mito
dei professionisti
della politica

di Domenico Mennitti

La settimana politica si caratterizza per la ripresa dell'attività parlamentare. Le due Camere, trascorso il periodo di ferie, riavviano il lavoro legislativo e l'attenzione è puntata soprattutto sulla commissione Affari Costituzionali del Senato, dove riprende il dibattito su due temi scottanti: la riforma elettorale ed il conflitto d'interessi. Sull'esito dei due provvedimenti eserciterà influenza determinante l'evoluzione del confronto fra i due poli ma, questa volta, anche l'evoluzione del quadro politico complessivo, perché si annunzia la nascita di una nuova formazione centrista. Di essa si conosce il leader, che sarà l'esponente massimo della Cisl Sergio D'Antoni, ma la collocazione è tuttora misteriosa, nel senso che non è chiaro come il movimento si porrà nei confronti delle due grandi aggregazioni già schierate. Le cronache giornalistiche hanno raccontato di cene dell'attuale dirigente sindacale sia con Berlusconi che con Marini e De Mita: in attesa che il nuovo leader abbandoni le tavole della buona cucina per sedersi al tavolo delle decisioni politiche, è prudente evitare previsioni sulla sua destinazione finale.

Questo elemento d'incertezza offre motivo perché si affollino curiosità giornalistiche e fantasiose allusioni, ma offre pure il metro per valutare quanto sia ancora profonda la crisi della politica nel nostro paese. Il fatto che nasca un nuovo partito di centro intanto non è un segnale di buona salute per quell'area, in quanto il rilievo più ovvio che si possa fare è che cresce la frammentazione nel mondo che si richiama all'esperienza democristiana. Il fatto poi che il nuovo partito faccia irruzione sulla scena senza offrire agli elettori chiavi di lettura del ruolo politico che intende svolgere e si compiaccia anzi dell'incertezza, attesta l'assenza di una seria analisi e di un progetto definito: insomma non c'è un vuoto politico individuato che esso vuole colmare, piuttosto una funzione che spera di poter svolgere, sostituendo persone e partiti già operanti. Per quel che si capisce, tutte le speranze sarebbero appuntate sul fatto che D'Antoni è il segretario della Cisl e sulla presunzione che il suo passaggio alla politica possa avere effetto di trascinamento sugli iscritti di quel sindacato. Ma anche Marini era stato il capo della Cisl e la sua ascesa al vertice del Ppi ha fatto registrare un tracollo elettorale. Evidenziamo la circostanza per sottolineare che D'Antoni potrà rappresentare un elemento di novità solo se non andrà ad infilarsi nell'harem dei Ds e il suo ingresso in politica si segnalerà come una nuova tappa del cammino dei cattolici, che si rendono consapevoli che la solidarietà si può realizzare producendo ricchezza da distribuire, non caricando sul debito pubblico oneri ormai insostenibili.

In attesa comunque che D'Antoni - anche lui - scenda in campo, sembra opportuno approfondire gli effetti che la condizione precaria della politica determina nel confronto fra le aggregazioni e nella funzionalità delle istituzioni. Lo stato di crisi pone la politica nelle condizioni di non fornire più agli italiani indicazioni e valori. Ciò significa che coloro che si fregiano del titolo di "professionisti della politica", ostentando questa qualifica si segnalano come professionisti in crisi, nel senso che sono al tempo stesso protagonisti e vittime di una situazione di confusione intellettuale e di impotenza operativa. In fasi così caratterizzate le indicazioni ed i valori sono quelli che emergono dalla società: in modo inorganico, confuso e talvolta contraddittorio, tuttavia sono i bisogni e le aspirazioni dei cittadini che la politica non rappresenta perché non ha la sensibilità per percepirli ed interpretarli.

Berlusconi trae forza dall'atipicità della sua formazione culturale, dall'essere espressione della società civile nel momento in cui questa, che è costituita dagli elettori, si sente antagonista della società politica, la quale insegue astruse geometrie intellettuali senza riscontro nella pratica quotidiana. Questo è il patrimonio che Berlusconi in sei anni di presenza sulla scena politica non ha dilapidato, anzi in una certa misura ha rafforzato: proporsi come il leader capace di realizzare la modernizzazione dell'Italia, facendone finalmente un paese dove funzioni la macchina pubblica, siano rispettati i diritti dei cittadini, sia sostenuto lo sviluppo. Intorno a questa linea fondamentale si possono svolgere vari processi di alleanze tattiche e pure strategiche, purché si conoscano e si accettino i temi in discussione.

domennitti@tin.it