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  FORZA ITALIA

Con la Confindustria
il dialogo è
sempre più aperto

di Vittorio Macioce

Sui vecchi muri della Confindustria cominciano ad emergere i drappeggi scelti da Antonio D'Amato. E' un cambiamento di stile, di forma, e anche di strategie, alleanze, relazioni sociali, distanze e affinità. D'Amato si è trovato a dialogare bene con il Polo, in particolare con Forza Italia. Venerdì scorso è stato presentato il rapporto di Confindustria sulle prospettive economiche italiane ed europee. E tra i relatori c'erano Giulio Tremonti, ex ministro berlusconiano, e Andrea Monorchio, Ragioniere generale dello Stato, alto funzionario del Tesoro, ma piuttosto vicino al centro-destra. Non c'erano invece rappresentanti di quell'area laico e azionista, tradizionale punto di riferimento della Confindustria. Insomma, c'era Tremonti, ma non c'era, solo per fare un nome, Paolo Savona.

D'Amato si sta muovendo lungo quel fronte, frastagliato e non del tutto omogeneo, che va dal centro-destra, passa per Bankitalia, attraversa la Corte dei Conti, e tocca anche la Cisl di D'Antoni, l'interlocutore sindacale più aperto alle esigenze delle "nuove economie". E' un fronte che, in qualche modo, spinge per accelerare il ritmo delle riforme, i quattro pilastri su cui si dovrebbe reggere l'integrazione dell'economia italiana nei nuovi scenari europei e globali: fisco, stato sociale (previdenza in primo luogo), mercato del lavoro, scuola. D'Amato non è un personaggio abile nella navigazione sotto vento. Non è un uomo di diplomazia. Le frasi che usa sono secche, così lapidarie che possono essere confuse con slogan qualunquistici, come ha sottolineato, disgustato, il suo quasi omonimo Giuliano Amato. Frasi che hanno aperto un solco, profondo, tra viale dell'Astronomia e Palazzo Chigi. D'Amato dice senza fronzoli che il problema dell'Italia è l'assenza di una visione politica di fronte ai problemi cardine dell'economia europea. Accusa il governo, e la sua maggioranza, di ignavia, apatia, uno stanco tirare a campare, senza scosse, fino alle elezioni. Amato rimprovera al presidente della Confindustria di parlare troppo e male e, soprattutto, di mettere a rischio l'orizzonte della concertazione, l'architrave che ha permesso all'Italia di sopravvivere nella navigazione di basso cabotaggio.

D'Amato non rispetta i patti, non si limita a evidenziare i bisogni degli industriali, a mettere in scena il gioco, delle parti, del contropianto confindustriale che, come nella dialettica hegeliana, dovrebbe opporsi all'antitesi sindacale e comporsi, poi, nella sintesi dell'azione di governo. D'Amato rischia di mettere sabbia nel meccanismo della concertazione. Lo fa dicendo che l'aumento indiscriminato negli stipendi dei dipendenti statali, in particolare quelli della scuola, sa tanto di provvedimento acchiappa voti. La stessa logica elettorale che si legge sotto la storia del bonus fiscale. Non si capisce bene in cosa consista, a chi è destinata, se ci sarà o non ci sarà visto che l'aumento dei tassi d'interesse dovrebbe annullare il surDaily di cassa. E poi c'è l'impressione che il governo ceda solo le briciole, dopo aver incassato un bel po'. Ma in fondo questi sono appunti marginali.

Il nocciolo del problema è, secondo la Confindustria, l'incapacità di chi gestisce questa fase politica di sfruttare al meglio la congiuntura favorevole. Lo skipper, e i suoi uomini, non sono in grado di correre a favore di vento. E' una situazione che può essere allargata a buona parte dell'Europa, ma l'Italia è quella che si mostra più in balia degli eventi. Da dove nasce questa incapacità? Secondo D'Amato la risposta è semplice: manca il coraggio e la cultura politica. Forse mancano anche gli uomini, troppo paludati, troppo legati ad interessi prioritari in altre epoche. Lo scenario è cambiato. Le parti sociali non possono avere quel ruolo, centrale, che avevano avuto negli anni Novanta. Serve una visione più alta, strategica. Serve un ruolo politico. E' questo il vuoto che D'Amato chiede di riempire. E per ora le sue speranze, e il suo sguardo, sembrano rivolgersi a destra.

maciovit@libero.it