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  CINEMA

Il "Vatel" di Joffé,
una grande abbuffata
di corte e retorica

di Luciano Lanna 

Aveva ragione Thomas Mann: "Non sempre si può essere interessanti". E così Roland Joffé, il regista di "Mission" e "Urla dal silenzio", questa volta delude nonostante le premesse, il contesto, la scenografia. Del resto è già da qualche anno che il cinema radical chic tende troppo scopertamente a utilizzare scenari seducenti per propinarci la consueta vulgata "politicamente corretta", condannando a priori le figure - necessariamente esecrabili - di tiranni, despoti e, come in quest'ultimo film, monarchi asssoluti. 

La trama è semplice. Siamo nel 1671. François Vatel, gran borghese di stampo molieriano, è costretto allo stucco e alla contraffazione per togliere dalla noia Luigi XIV, recatosi dal suo padrone, il principe di Condé, per tastare il terreno della sua disponibilità a riprendere le armi contro i batavi protestanti. Vatel ha l'onore-onere di organizzare i festeggiamenti in onore del Re Sole: dalla riuscita della festa dipenderà il futuro politico del suo signore. Fra intrighi e trabocchetti e insopportabili errori filologici - se in Oblomov si propose la dannosa usanza di far scrivere in inglese a gentiluomini russi del XIX secolo, questa volta lo fanno addirittura cuochi francesi del XVIII secolo - ovviamente la storia guardata con gli occhi dell'oggi non potrà far altro che far innamorare una fanciulla al seguito della regina consorte con il nostro Vatel. Niente di più antistorico! Luigi XIV, Rossellini docet, costituì il punto massimo del separatismo, nei modi e nei costumi, fra la corte e il popolo. E storicamente non è proprio pensabile che la fronda personalistica di Vatel potesse in alcun modo entrare in contatto con le regole dell'apparenza di Versailles. Comunque, la ricostruzione cinematografica potrebbe anche imporre ri-costruzioni immaginifiche di questo tipo…

Come finisce il film? Lasciando da parte le spettacolari scene dei pranzi e delle cene, l'esito è ancora più scontato della trama, degno forse di un trattato di psicoanalisi in versione tascabile. Vatel, ferito nell'onore e avendo fallito calvinisticamente la propria missione si toglie stoicamente la vita. Un suicidio d'onore nel bel mezzo del trionfo barocco della "civiltà di corte". Sarà…

Per quanto riguarda gli interpreti, un bolsissimo Gerard Depardieu, non certo all'altezza del Colombo di Ridley Scott ma neanche dell'Edmond Dantés televisivo, e una Uma Thurma totalmente fuori contesto, compongono un quadro recitativo noioso e petulante. Si salva solo, forse, la maschera nasuta di Tim Roth, buffamente sempre più somigliante al Bob Rock del Gruppo T.N.T. Se proprio vi affascina la decadenza di Versailles, meglio noleggiare un film di quattro anni fa: l'ottimo "Ridicule" di Patrice Leconte.

lucianolanna@hotmail.com

Vatel di Roland Joffé, con Gerard Depardieu, Uma Thurman, Tim Roth.