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  IL FATTORE H

Il grande inganno 

di Alberto Mingardi

Antifascisti. Anticapitalisti. Antiqualunquisti. Antiglobalisti. Antipecoreclonatisti. Antiberlusconiani. Oggi, antihaideriani. Cambieranno le sigle la sostanza è sempre quella. Sarà il gusto del branco, sarà quella sana voglia di essere "cretini", la Sinistra (la maiuscola è d'ordinanza) scende in piazza. E in salotto. Le due cose vanno a braccetto: saggi d'autore e chiappe al vento, anything goes. Joerg Haider è l'ultimo vitello d'oro. Gesù o Barabba? Né l'uno né l'altro. Qualche mese fa chiacchieravo con un amico, giornalista del "Die Presse". E, incuriosito dai primi vagiti dell'antihaiderismo militante, gli ho chiesto cos'era. Chi fosse. Da dove venisse.

M'ha risposto che sta alla politica austriaca come un cocktail, agitato non mescolato, di Fini Bossi e Berlusconi. La definizione piacerebbe agli avanzi dei centri sociali. Bandiera rossa la trionferà, forse no. Finché per la bandiera a stelle e basta dell'Unione Europea c'è ancora speranza, teniamoci almeno quella. E sia. Fa sorridere che gli extraparlamentari di ieri sfilino oggi per difendere a testa alta le ragioni del Parlamento europeo. Ma mica tanto. La trincea non la mollano. Avversano sempre qualsiasi cosa sia appena diverso, sopra le righe, insomma pericoloso. Beccarci in diretta Tv il faccione di Uòlter Veltroni che marcia braccio braccio assieme a Vladimir Luxuria ed Oliviero Diliberto non ci sorprende. Certo che l'espressione "siamo qui per difendere la libertà di tutti" suona posticcia, sulle labbra del quasi-regista più famoso d'Italia.
Soprattutto se il giorno prima Gavino Angius, capogruppo del Partito di cui Uòlter è segretario nazionale, si scaglia con una vibrante interrogazione parlamentare contro i forum dei siti Internet leghisti. In particolar modo quelli legati a "PadaniaLibera.net". Razzisti! Dagli all'untore. 

I casi della vita. Se dici "mi piace prenderlo nel culo" è libertà d'espressione. Se dici, mica "sporco negro", ma magari che è venuto il momento, forse, non si sa mai, fino a prova contraria beninteso, di chiudere appena appena le nostre frontiere, sei un maledetto razzista. Ripassa, sarai più fortunato. Lo stesso vale per Haider. E non a caso, proprio su quei siti, si respirava un po' di aria "haideriana". Carinziani d'adozione in pantaloni corti e bombetta. Nostalgici del saluto a braccio teso. Sarà. Anche, però, liberali dioccigì. Persone normali atterritte all'idea che il Leviatano di Bruxelles gl'imponga di fare il gelato senza latte e il cioccolato all'amarena. Se Haider ci piace, se Haider non gli piace, è per l'uomo in sé, che ha fascino da vendere. E certo. Ma soprattutto perché è un argine. Uno squillo. L'antesignano del crollo che può arrivare.

Sull'Austria e le sanzioni, l'Europa si gioca tutto. Se stessa come stato unitario. Più ancora, la legittimazione ideologica di fondo, che ha trovato nel buonismo solidarista. I tedeschi sono europaunitaristi, e abbassano gli occhi quand'incrociano un ebreo. Va bene il senso di colpa, va bene la costernazione per una tragedia, ma così finisce che spariamo sulla croce rossa e alimentiamo un nuovo fuoco dentro. S'abbassano gli occhi, sperando di rialzare la testa quanto prima.
E' tutto un gioco degli equivoci, un susseguirsi di detto e non detto, la processione dei buoni pensieri e la marcia reale degli statalisti di tutt'Europa uniti. Centri sociali e sociologi centralisti si passano la palla. La pericolosità di Haider (fascista), la società incivile del mercato globale come scrive Angelo D'Orsi sulla Stampa, il Che e Thelma e Louise, la minigonna (ma con le mutandine) e il reggiseno di fuoco. Vanno avanti, continuano, rimescolano sempre la stessa minestra, cantano sempre gli stessi slogan, urlano sempre gli stessi insulti, ci marciano e, se li lasceremo fare, se chineremo noi la testa vergognandoci ancora, per l'ennesima volta, di quel che siamo di quel che pensiamo, sono guai.

amingardi@wappi.com