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  COMMENTI

Quote immigrati.
Tocca alle Regioni
decidere il numero

di Paolo Del Debbio

C'è una solidarietà realistica e una solidarietà onirica, di quelli che sognano le opere buone, un mondo migliore senza preoccuparsi di come fare a farlo. Poi c'è la falsa solidarietà: quella di coloro che ingannano i cittadini, le persone, raccontandogli una solidarietà impossibile e ciò che è più grave è che lo fanno sapendo di farlo. Questo è ciò che è avvenuto in Italia, a proposito dell'immigrazione, e sembra che sia un modo di ragionare che tarda a morire.

Qualche tempo fa qualcuno disse che il fenomeno dell'immigrazione era governato con la stessa irresponsabilità con la quale era stata governata la spesa pubblica: si sarebbero accumulati gli irregolari, ma soprattutto i problemi di integrazione, così come la spesa aveva fatto accumulare il debito pubblico. Poi sarebbe stata necessaria un'azione forte e questo è ciò che ci troviamo davanti adesso. I buoi sono usciti dalla stalla. La cosa più urgente da fare, rispetto alla quale siamo comunque in ritardo, è convocare gli enti locali che poi devono accogliere gli immigrati prima di decidere le quote e non dopo che le quote sono già decise a Roma, magari da una commissione interministeriale. Ma chi conosce le possibilità di accoglienza meglio di chi deve accogliere? Vogliamo farne una questione politica oppure, più propriamente, una questione organizzativo-amministrativa così come deve essere? Le quote non si decidono in luoghi diversi da quelli reali dell'accoglienza.

Se vogliamo scegliere una strada giusta dobbiamo poi occuparci del lavoro creando le condizioni regolamentative perché gli imprenditori possano utilizzare l'offerta di lavoro che proviene dagli immigrati. La strada è quella del patto per il lavoro di Milano: maggiore flessibilità e minori costi perché il bisogno degli immigrati si incroci con quelli degli imprenditori. Il realismo chiede questi interventi accanto all'apertura veloce di nuovi centri di permanenza temporanea per i clandestini da rimpatriare. Non c'è più tempo per le chiacchiere.